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Il digitale italiano ritrova la spinta e punta a coinvolgere la piccola impresaERT

Il mercato digitale italiano (informatica, telecomunicazioni e contenuti digitali) è ripartito. Nel giro di un anno ha recuperato, passando dal -1,4% del 2014 al +1% del 2015 e a una previsione annua 2016 del +1,5%. L’inversione di rotta rispetto agli anni scorsi è apprezzabile. “Il mercato digitale italiano ha cambiato segno e si rinnova. Dopo anni di crisi ha messo a segno risultati positivi, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Nel 2015, oltre a ritrovare la crescita (+ 1%), ha beneficiato di una spinta che è venuta tutta dalle componenti più innovative e legate alla trasformazione digitale, che sino a poco tempo fa si limitavano ad attenuare i sintomi di un mercato sofferente” – È questo il primo commento del presidente di Assinform Agostino Santoni ai dati diffusi oggi sull’andamento del settore ICT, elaborati in collaborazione con NetConsulting3.

È cambiata la qualità della domanda. – ha evidenziato Santoni – Ora più attenta alle potenzialità per innovare servizi, prodotti e processi, attraverso il ricorso al web, al cloud (+28,7%), all’IOT (+13,9%), alle nuove applicazioni in rete e in mobilità, all’uso dei big data. Non possiamo però accontentarci. Il nuovo passo è ancora sconosciuto a una parte importante del nostro sistema produttivo, quello della piccola impresa, e da un numero troppo elevato di aree territoriali in ritardo, a partire dal Mezzogiorno. Se vogliamo recuperare il gap digitale dagli altri paesi guida, che condiziona la nostra capacità di competere e creare occupazione, dobbiamo agire con il concorso di tutti, istituzioni, imprese e territori”. “Mai come oggi – ha aggiunto Santoni – appare importante accelerare i grandi progetti di evoluzione digitale. A livello di visione-paese ci sono sviluppi interessanti. Le strategie lanciate dal Governo, dal piano banda ultralarga alla digitalizzazione della PA, hanno visto passi in avanti: fatturazione e pagamenti elettronici della PA sono realtà; oggi debutta Spid, con un orizzonte al 2017; i lavori per l’Anagrafe Unica procedono; la Scuola Digitale è in movimento, la Sanità punta sull’e-health. E partirà, entro tre mesi, quel piano triennale di attuazione della stessa Strategia Digitale, creando i presupposti per coordinare a livello nazionale iniziative sino ad oggi frammentate e disperse nel territorio.

“Ma è ancora più importante procedere sul fronte del coinvolgimento della piccola impresa. Non è pensabile che una fascia che occupa la gran parte dei lavoratori ed esprime più del 50% del PIL rimanga ai margini dell’evoluzione digitale. Creare le condizioni perché anche il piccolo imprenditore avverta la responsabilità di innovare e di integrarsi in filiere digitali è fondamentale: anche un minimo incremento d produttività, visto il peso della piccola impresa in Italia, è destinato a produrre effetti di assoluta rilevanza. E’ importante creare le condizioni perché ciò avvenga, superando l‘approccio basato sui soli incentivi fiscali e lanciando programmi di politica industriale inizialmente concentrata su settori a potenzialità elevata ma compressa, a partire dal turismo e dell’agroalimentare. Così si potrà affrontare lo squilibrio territoriale che si va formando anche sul fronte del digitale, e che va risolto facendo leva sull’imprenditorialità. Un’idea che Assinform sta già condividendo con Confindustria.

“Infine, dobbiamo guardare alle competenze, da intendersi non solo come capacità tecniche, ma di comprensione delle opportunità del digitale. Esiste un gap tra domanda e offerta di profili specializzati nelle nuove tecnologie ICT e nei nuovi business digitali, dal business analyst al data scientist, e così via. Ci sono moltissimi posti di lavoro che non si riesce a coprire per mancanza di skill e di mentalità. È urgente intervenire sul sistema della formazione, andando a vedere non solo le modalità di funzionamento della scuola o le metodologie didattiche – fronti sui quali i programmi Buona Scuola e Scuola Digitale meritano il plauso – ma anche i contenuti, senza aver paura del dialogo tra mondo dell’istruzione e mondo dell’impresa”.