Quello che si delinea è uno scenario interessante: in un Paese segnato da un forte ritardo tecnologico – la spesa italiana in ICT nel 2010 è diminuita infatti del 2,5%, a fronte di una spesa mondiale tornata a livelli di crescita del +4,9% e di Paesi come l’India o la Cina che hanno visto una crescita rispettivamente del 18% e 15% – il Cloud non si mostra più come uno dei tanti trend del momento, ma comincia a rivestire, dopo un’iniziale diffidenza, un ruolo sempre più protagonista soprattutto per lo sviluppo delle PMI, spina dorsale dell’economia italiana, e delle PP.AA., ancora troppo ancorate a sistemi rigidi e arretrati che frenano la competitività.
Questo perché, nonostante le accezioni più comuni vedano nel Cloud Computing un’evoluzione già da tempo in atto verso “architetture informatiche in cui risorse standardizzate vengono rese fruibili in maniera condivisa dagli utenti”, in realtà ‘la nuvola’ presenta vantaggi che vanno al di là del puro aspetto tecnico, motivo per cui gli stessi vendor tendono a proporsi direttamente alle business line glissando su modalità realizzative e proponendo immediatamente benefici finanziari e flessibilità.
“I CIO, però, non temono il ‘sorpasso a destra’ da parte delle ‘line’, anzi nel 72% dei casi si dichiarano ‘promotori e traino’ di iniziative cloud in azienda” ha commentato Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service del Politecnico di Milano. “Le maggiori aspettative (riduzione dei tempi di adozione e attivazione del servizio, riduzione dei costi di gestione interni e minori investimenti iniziali) sono tuttavia proprio gli elementi che, una volta saliti ‘sulla nuvola’, creano le maggiori disillusioni”.
Restano invece coerenti con le aspettative i benefici rilevati in termini di flessibilità (63%) e possibilità di condivisione di risorse (41%). Per questo motivo, il 66% valuta il Cloud “un trend rilevante che le imprese devono comprendere per far evolvere il loro modello di impresa”. Il 12% lo ritiene addirittura “la nuova rivoluzione che cambierà il nostro modo di fare IT”.
Spostando l’attenzione alle criticità, si trovano alcune confortanti sorprese: se l’integrazione delle soluzioni Cloud con l’infrastruttura già esistente in azienda si conferma l’aspetto più critico, alcune percezioni, come la scarsa sicurezza dei dati e l’immaturità dell’offerta si rivelano, nei fatti, meno critiche di quanto paventato a priori. Per contro, elementi come la definizione e il rispetto degli SLA (Service Level Agreement), risultano ancora più critici di quanto ci si attendesse.
Vediamo ora nel dettaglio come si declina e in quale misura viene adottato il Cloud Computing, nato per semplificare la gestione delle risorse ICT ‘schermandone’ la complessità per l’utente e trasformandole in servizi.
Con un’offerta Infrastructure as a Service (IaaS) l’utente non si deve più preoccupare dell’approvvigionamento delle macchine e del loro corretto funzionamento ma conserva il controllo degli strati sovrastanti e la possibilità di installare le applicazioni su questa infrastruttura.
Il 49% delle aziende intervistate dichiara di avere attivo almeno un servizio IaaS.
Con il Platform as a Service (PaaS) (livello di schermo superiore) vengono comprese nella nuvola ed erogate come servizio anche le piattaforme necessarie per sviluppare, integrare ed erogare le applicazioni, lasciando all’utente il controllo sugli strati applicativi.
Il 24% delle aziende intervistate dichiara di avere attivo almeno un servizio PaaS.
A livello di Software as a Service (SaaS), infine, anche lo strato applicativo viene portato nella nuvola e quindi fruito dagli utenti come servizio. A parte pochi parametri di configurazione e personalizzazione, tutta la complessità sottostante è nascosta e l’utente mantiene solo il controllo delle modalità di utilizzo del software per eseguire i propri processi di business.
Il 63% delle aziende intervistate dichiara di avere attivo almeno un servizio SaaS.
“Tra le tipologie di servizi IaaS e PaaS più diffusi vi sono la capacità elaborativa e di storage, le risorse virtuali configurate e il software infrastrutturale” ha dichiarato Alessandro Piva, responsabile della ricerca. “Meno diffusi, ma con un interessante trend di crescita, sono gli ambienti di sviluppo e deployment di applicazioni software, i sistemi di supporto alla IT governance e i business process management system. Passando ai servizi SaaS tra i più utilizzati troviamo le applicazioni di gestione delle risorse umane, i portali aziendali, la posta elettronica, la Unified Communication & Collaboration e i sistemi di conservazione sostitutiva. Meno diffusi, ma comunque in crescita, CRM e sistemi di produttività individuale e scambio documentale. Più di nicchia, infine, eCommerce, sistemi di business intelligence, sales force automation, amministrazione finanza e controllo”.
Questo per quanto riguarda le grandi aziende che partono frequentemente con soluzioni di Cloud interno infrastrutturale e contemporaneamente sperimentano sul Cloud pubblico soluzioni SaaS. La grande azienda investe solo successivamente nell’integrazione con i sistemi legacy e nell’adozione di soluzioni di Platform as a Service per costruire e gestire su Cloud pubblico applicazioni personalizzate.
Caso diverso le PMI, il cui mercato Cloud, nonostante un interesse previsionale significativo (20% per la parte di SaaS e al 30% per la parte IaaS), si trova a oggi in uno stato embrionale. Il livello di diffusione del SaaS è ancora nell’ordine del 2-3% per le applicazioni più diffuse e riguarda principalmente CRM, sistemi di videoconferenza, ‘pacchetti semplici’ a supporto di attività amministrative e contabili e servizi a supporto delle attività amministrative del personale, di controllo delle presenze e gestione delle trasferte. Meglio non va per i servizi infrastrutturali con il 6% di aziende che usa servizi di storage, sicurezza e backup dei dati e il 3% capacità elaborativa in modalità as a Service. Le piccole imprese colgono da subito buoni risultati ricorrendo al Cloud esterno, poiché le limitate esigenze di personalizzazione e integrazione ai sistemi legacy consentono loro di sperimentare e utilizzare servizi pubblici di Software e Infrastructure as a Service con costi e tempi contenuti. Il passo successivo, per loro, è spesso quello di adottare soluzioni PaaS per sviluppare applicazioni più personalizzate ed integrate.
Il vero problema dell’utente è, dunque, capire il livello del servizio Cloud di cui ha bisogno in relazione allo specifico ambito applicativo: occorre che si chieda cioè quanto sia conveniente un servizio standardizzato e con pochi margini di intervento tuttavia disponibile in tempi brevi e con costi flessibili. Passando dallo IaaS al PaaS fino al SaaS, la possibilità di personalizzazione e adattamento alle esigenze diminuisce, per contro l’utente dispone di soluzioni già pronte.
Obiettivo comune, rientrare dai pesanti investimenti che lo sviluppo di un’offerta Cloud richiede, a fronte dell’aspettativa dei clienti di flessibilità, reversibilità e basso costo, bilanciando la potenziale ‘commoditizzazione ‘dei servizi con politiche volte a realizzare un maggior lock-in sul cliente.
Il passaggio a una vera architettura Cloud consente all’azienda di disporre di un ventaglio virtualmente infinito di servizi in continua evoluzione fra i quali scegliere per comporre Sistemi Informativi aperti, flessibili e ritagliati sulle esigenze del singolo gruppo di utenti interni. Nella Ricerca sono state infine evidenziate sette capabilities che una Direzione ICT dovrebbe sviluppare per cogliere al meglio le opportunità del Cloud, raggruppabili lungo tre direzioni: la relazione con le Business Line, la relazione con i vendor, la padronanza degli elementi tecnici distintivi. Tuttavia, per il
momento solo il 10% può definire la propria funzione ICT completamente ‘pronta’ all’utilizzo consapevole del Cloud, mentre il 47% presenta ancora delle lacune sulle dimensioni analizzate. L’ambito maggiormente critico, in particolare, risulta essere quello relativo alla gestione delle relazioni con i vendor, maturo solo nel 20% delle aziende.
School of Management Politecnico di Milano: www.osservatori.net