La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è stata varata dalla Commissione Europea allo scopo di promuovere pratiche commerciali improntate alla sostenibilità sia negli scambi che avvengono tra le aziende dell’Unione che in quelli riguardanti le importazioni extra UE. La direttiva CSRD sostituisce la precedente direttiva Non-Financial Reporting Directive (NFRD) e ne estende lo scopo applicativo introducendo una serie di ulteriori obblighi a cui le aziende devono ottemperare in tema di decarbonizzazione e circolarità.
La CSRD si basa sul principio della doppia materialità, ovvero utilizza gli stessi principi base che vengono adottati nella rendicontazione dei bilanci di sostenibilità. Tali principi richiedono che relativamente alle questioni che riguardano la sostenibilità le aziende considerino da un lato l’impatto finanziario che esse sortiscono sul proprio business, dall’altro gli effetti che le attività aziendali generano sull’ambiente, la società e il contesto in cui esse si esplicano. Per molte aziende, le responsabilità introdotte dalla direttiva CSRD, ovvero l’obbligo di rendicontare l’impatto delle proprie attività sull’ambiente, rappresenta una novità.
Le aziende che già hanno iniziato a redigere i bilanci ESG avvalendosi di modelli come il Global Reporting Initiative (GRI), l’International Sustainability Standards Board (ISSB), il Climate Disclosure Project (CDP) e il Science Based Target Initiative (SBTi) partono avvantaggiate, in quanto la CSRD si allinea a molti di questi standard internazionali.
Gestire gli aspetti di sostenibilità in modo strutturato, abbracciare i principi dell’economia circolare e potenziare l’utilizzo delle energie rinnovabili sono sfide alquanto impegnative, ma chi prima partirà, prima ne beneficerà. La sostenibilità, oltre a sortire un impatto positivo sulla conservazione ambientale, è infatti un potente propulsore che consente di ridurre i costi, incrementare la competitività e aumentare agilità e resilienza.
La sostenibilità raggiunge il suo massimo potenziale quando si allinea agli obiettivi finanziari. L’aumento dell’efficienza incide sulla sostenibilità, in quanto implica la razionalizzazione dei processi e l’uso ottimizzato delle risorse: produrre in modo più sostenibile genera concrete opportunità di risparmio e, di conseguenza, apre nuovi orizzonti per affrontare il futuro in modo più solido. Prendiamo ad esempio l’attività di progettazione: già in questa fase l’impronta del prodotto può dirsi determinata per l’80%. L’utilizzo delle tecniche di design generativo consente di ridurre del 10-15% l’utilizzo dei materiali, il che porta a una consistente diminuzione non solo dei costi per i materiali, ma anche della relativa parte di carbonio.
In fabbrica, l’utilizzo di sistemi di gestione energetica e di analisi operativa consente alle aziende di individuare dove ridurre i consumi energetici, gli sprechi, gli scarti o le rilavorazioni, aumentando di conseguenza la produttività. Operando con tali strumenti, CIMC – un importante operatore logistico a livello internazionale – è riuscito a ridurre i consumi energetici del 13%.
Le buone pratiche di sostenibilità possono impattare significativamente anche sulla gestione delle scorte e della ricambistica, riducendo i costi nel rispetto degli accordi sui livelli di servizio (SLA) da erogare ai clienti. Metso, azienda finlandese di tecnologie sostenibili per l’industria mineraria, è riuscita a ridurre il valore del proprio magazzino ricambi di ben 40 milioni di euro, migliorando nel contempo i livelli di servizio ai clienti del 3%. Davvero un ottimo risultato.
Abbracciare la sostenibilità spesso richiede l’adozione di nuove tecnologie e la trasformazione digitale rappresenta una pietra miliare fondamentale per il raggiungimento di qualsiasi traguardo di sostenibilità, che sia di breve o di lungo termine. Le aziende che per prime sapranno sfruttare le opportunità della digitalizzazione in termini di innovazione e sostenibilità guadagneranno un vantaggio competitivo che le renderà più attrattive agli occhi di tutti quei clienti che pongono particolare attenzione alle tematiche ambientali.
La transizione verso il modello Software as a Service (SaaS) che le aziende manifatturiere stanno sempre più adottando offre non solo un concreto vantaggio competitivo, ma consente anche di ridurre l’impronta di carbonio. Uno studio condotto da 451 Research ha evidenziato come il passaggio da sistemi on-premise a soluzioni di hosting in cloud comporti, in media, una riduzione dell’80% delle emissioni di carbonio. Oltre a ciò, con una soluzione cloud-based i tempi di manutenzione del software si riducono, il che consente di dedicare più tempo e concentrazione alle attività aziendali strategiche.
Tecnologie digitali che supportano il ciclo di vita del prodotto, come CAD, PLM, ALM, IoT o FSM, rappresentano elementi imprescindibili per le aziende che intendono creare prodotti con una impronta di maggiore sostenibilità. Queste soluzioni abilitano pratiche chiave come la dematerializzazione, la prototipazione simulata, il servizio remoto e la possibilità di effettuare aggiornamenti software over-the-air, a tutto beneficio della sostenibilità e del valore aggiunto che è possibile offrire ai clienti.
Nelle fasi di progettazione, ad esempio, la dematerializzazione sostenuta da metodologie quali il design generativo si traduce in una riduzione dell’impronta di carbonio del prodotto che genera un effetto a catena. Ad esempio, un’automobile equipaggiata con un motore leggero sarà più efficiente e ridurrà il consumo di carburante. Gli ingegneri progettisti a tale scopo possono eseguire simulazioni 3D direttamente integrate nel sistema CAD per valutare le prestazioni e apportare miglioramenti iterativi. L’esecuzione di queste simulazioni in fase iniziale consente ai produttori di ridurre la prototipazione fisica, riducendo i costi, i tempi di sviluppo e abbattendo significativamente l’impronta ambientale complessiva del prodotto.
Durante il ciclo di vita di un prodotto, le attività di manutenzione sono essenziali per mantenerlo in ottime condizioni. I fornitori di servizi che adottano strategie di intervento basate su tecniche di ‘remote service’ sono in grado di offrire ai propri clienti un servizio più rapido, meno complesso da gestire e a minor impatto ambientale. Fornendo ai lavoratori che operano sul campo strumenti digitali che consentono di monitorare, diagnosticare e, quindi, risolvere i problemi a distanza, le aziende di servizio possono ridurre sensibilmente le emissioni legate agli spostamenti del personale – in automobile, aereo ecc. -, garantendo nel contempo livelli di efficienza operativa elevati.
Anche la capacità di fornire aggiornamenti software over-the-air, anziché aggiornamenti hardware, offre benefici immediati ai clienti ed elimina nel contempo l’impatto ambientale legato al richiamo di prodotti fisici. Questa modalità di aggiornamento consente ai produttori di mantenere un canale di comunicazione sempre aperto con i propri clienti durante tutto il ciclo di vita di un prodotto, favorendo oltre tutto la circolarità.
La direttiva CSRD, in vigore dal 5 gennaio del 2023, impone alle aziende una serie di scadenze che variano in base a dimensioni e tipologia. Al di là degli aspetti squisitamente tecnici, è cruciale comprendere come a breve – più esattamente entro il 2028 – qualsiasi azienda che supererà la soglia dei 150 milioni di euro di fatturato annuo nell’UE dovrà conformarsi. Un aspetto importante da ricordare è che in ambito manifatturiero la catena di approvvigionamento quasi sempre costituisce la principale o la seconda maggiore fonte di emissioni. Ciò significa che, per garantire la conformità alla direttiva CSRD, i costruttori richiederanno ai loro fornitori di impegnarsi adottando gli stessi principi e livelli di trasparenza per ridurre le emissioni a favore della sostenibilità ambientale.
La pressione inizia a farsi concreta. Le aziende che agiranno da subito in modo proattivo saranno meglio preparate a rispettare le prossime normative e avranno anche maggiori chances di mercato. Alcune delle misure potrebbero portare a diversificare i fornitori sulla base di scelte operate localmente, il che consentirebbe di ridurre la dipendenza da una singola fonte di approvvigionamento. Un aspetto non indifferente per un’impresa manifatturiera, che aumenterebbe la sua resilienza mitigando i rischi associati a interruzioni impreviste che, come già successo, potrebbero mettere in crisi la sua supply chain.
Le aziende che attualmente si stanno impegnando in programmi di sostenibilità lo fanno su base volontaria. È bene ricordare che con l’entrata in vigore della direttiva CSRD la sostenibilità entrerà di diritto a far parte delle regolamentazioni a cui le imprese dovranno sottostare per legge. È pertanto fondamentale che i produttori inizino a lavorare in anticipo. Ciò significa che questo è il momento ideale per accompagnare la propria azienda verso un percorso di maturità digitale, al fine di mitigare gli effetti negativi sull’ambiente che qualsiasi prodotto può generare: nella fase di progettazione, in quella produttiva e anche nel service.
Le aziende che hanno già avviato un percorso finalizzato al raggiungimento di obiettivi quali ‘net zero emission’ e zero sprechi saranno quelle che guideranno la nuova era industriale, in termini di efficienza, redditività e tutela ambientale. Coloro che continuano a rimanere ancorati a pratiche vetuste e dispendiose perderanno progressivamente competitività, con il rischio di vedere finanche il 20% dei loro profitti andare in fumo entro il 2030.