Sono stati parecchi i cambiamenti in termini di innovazione tecnologica che hanno dovuto affrontare le aziende in questi ultimi anni, nell’ottica di Industria 4.0. Sostegno economico e benefici ricavabili in termini di produttività hanno fatto la loro parte, ma nonostante questo, molte imprese, soprattutto medio-piccole, non hanno per nulla definito una strategia verso il cambiamento tecnologico. Si viaggia a due velocità diverse. Se da una parte, secondo Deloitte, l’Italia rientra nella top 10 a livello mondiale per quanto riguarda l’applicazione di molte delle tecnologie al servizio dell’Industria 4.0, e quindi molte aziende hanno approfittato degli incentivi per ammodernare i propri stabilimenti in termini di beni, sia materiali sia immateriali; dall’altra parte, molte piccolemedie imprese possiedono invece ancora un parco macchine inadeguato alla transizione tecnologica e innovativa necessaria per poter competere all’interno nel nuovo contesto industriale globale. Viaggiano anche a due velocità diverse le regioni del Nord e quelle del Sud, dove il livello di digitalizzazione è sicuramente minore, non dovuto però alla mancanza di incentivi. Serve quindi capire quali sono le barriere che devono essere superate per poter far in modo che il nostro Paese cambi passo. Anche una ricerca realizzata da LIUC Business School (www.liucbs.it) per conto di Icim Group (https://icimgroup.com), evidenzia questo divario e rileva come in Italia la maggior parte delle aziende (75% degli intervistati), che ha investito nella ‘digitalizzazione di fabbrica’, lo ha fatto grazie proprio agli incentivi, focalizzandosi però su macchine e impianti dotati di prestazioni superiore a quelli esistenti ma con poco interesse verso il vero obiettivo di Industria 4.0; mentre solo il 25% degli intervistati è stato mosso da una spiccata cultura digitale e dall’ambizione di portare la propria impresa verso la quarta rivoluzione industriale. Da qui si evince che gli incentivi non sono bastati a un cambio di passo. Perché? Sicuramente perché ci sono barriere ancora più difficili da sgretolare e sfide che devono essere ancora superate. Per chi è riuscito a investire in beni 4.0 la soddisfazione dei risultati è stata ripagata in produttività, monitoraggio, controllo dell’impianto, utilizzo dei dati raccolti in tempo reale per attivare un processo decisionale guidato da informazioni affidabili…. Tuttavia, anche chi ha investito sfruttando i finanziamenti 4.0 in molti casi deve fare i conti con l’incomprensione di questo nuovo paradigma industriale e con la carenza di competenze interne in grado di studiare, leggere e interpretare i dati per estrarre informazioni utili al business. A ciò si aggiunge la resistenza al cambiamento nei reparti produttivi, dove in molti casi il personale teme la complessità dell’utilizzo delle nuove tecnologie, il cambiamento di ruoli e compiti, la paura di perdere il lavoro o di non avere le competenze necessarie. Nella ricerca LIUC si fa anche riferimento alla difficoltà di trovare partner validi per lo sviluppo della progettualità: la selezione risulta difficile, così come è complesso adattare la nuova tecnologia con le tecnologie già esistenti in fabbrica per assicurare l’accesso all’interconnessione. Quindi nonostante si siano ottenuti molti benefici grazie ai recenti piani nazionali, la tendenza positiva di crescita del numero di tecnologie all’interno delle imprese non può essere ancora considerata un punto di arrivo nel raggiungimento degli obiettivi di innovazione del nostro Paese. Sarà quindi l’industria 5.0 a rappresentare un’occasione per raggiungere l’innovazione industriale in Italia? Forse sì o forse no, certo è che per arrivarci è necessario che gli sforzi vadano in un’unica direzione, la direzione della conoscenza e della formazione a tutti i livelli dell’azienda. Quine Business Publisher, editore di Automazione Oggi, contribuisce a diffondere la conoscenza non solo attraverso le riviste ma anche con il Convegno on line ProgettistaPiù (www.progettistapiu.it) che si tiene ogni anno nel mese di gennaio (23-26/1/2024).