Il compito ha dimensioni galattiche: è previsto che nei prossimi 5 anni SDSS-V osserverà 4 milioni di stelle e 300.000 buchi neri, analizzerà gli spettri e la composizione della materia, ricostruirà la storia dell’evoluzione cosmica e testerà i modelli fisici della nascita della galassia.
Per questo grande progetto internazionale verranno utilizzati, tra l’altro, due grandi telescopi ottici negli emisferi nord e sud. Le fibre ottiche all’interno di essi catturano la luce dai corpi celesti. Il loro allineamento ad alta precisione viene effettuato da 500 piccoli robot azionati da motori Faulhaber.
La SDSS (Sloan Digital Sky Survey) è un’associazione cooperativa di astrofisici di tutto il mondo. L’anno scorso ha già presentato la più grande mappa 3D dell’universo esistente fino ad oggi, segnando così una pietra miliare nella ricerca astronomica. Equipaggiati di numerosi telescopi ed altri strumenti scientifici, i ricercatori lavorano costantemente a una vasta serie di progetti.
L’ultimo di questi è SDSS-V, che dovrebbe consentire un nuovo salto qualitativo nella comprensione dei processi fisici nello spazio. Il progetto è volto a consentire “la prima osservazione spettroscopica dell’intero cielo in diverse dimensioni temporali astronomiche nello spettro luminoso visibile e ad infrarossi”. In totale, verranno presi di mira più di 6 milioni di oggetti.
Come si formano i pianeti
Uno degli obiettivi di questa impresa è ricostruire la storia della nostra galassia natale, la Via Lattea. I ricercatori sperano, inoltre, di essere in grado di tracciare la formazione degli elementi chimici, decriptare il funzionamento interno delle stelle, studiare la formazione dei pianeti e rispondere a molte delle domande senza risposta sui buchi neri.
Un altro aspetto è la mappatura – migliaia di volte più precisa di prima – delle masse di gas interstellare della Via Lattea per descrivere i “meccanismi di autoregolazione degli ecosistemi galattici”. I dati relativi ai buchi neri e alla misura della Via Lattea saranno raccolti da due grandi telescopi: Apache Point nel New Mexico e Las Campanas in Cile.
“Con una visione doppia, dagli emisferi nord e sud, possiamo osservare il cielo in tutte le direzioni”, spiega Jean-Paul Kneib, professore di astrofisica presso il Politecnico federale di Losanna in Svizzera. “Questo è anche il motivo per cui abbiamo utilizzato i due telescopi in precedenti progetti SDSS. Il progetto SDSS-V ci consente di fare un vero e proprio salto quantico in termini di efficienza di osservazione e quantità di dati raccolti”.
Nei telescopi vengono posizionate fibre ottiche puntate su determinati oggetti nell’universo. In questo modo è possibile osservare e analizzare in modo mirato singole stelle o dischi luminosi di accrescimento dei buchi neri. “Prima, dovevamo realizzare piastre speciali per ciascuno dei compiti di osservazione. La preparazione di ogni piastra richiedeva diverse settimane. Il fissaggio delle fibre nelle piastre veniva poi eseguito a mano – un processo molto lungo e laborioso”, riferisce Kneib.
Grazie alla nuova tecnologia sviluppata appositamente per SDSS-V, la riorganizzazione delle fibre richiede non più di un minuto invece di settimane. Infatti, l’allineamento delle fibre viene effettuato da 500 piccole macchine – chiamate dagli astronomi “robot”, in ciascuno dei due telescopi. Questo consente inoltre ai ricercatori di reagire immediatamente ad eventi cosmici imprevisti.
Quindi, se ad esempio altri telescopi rilevano un evento in corso come l’esplosione di una stella, uno degli elementi ottici può essere puntato su quell’evento praticamente senza alcun ritardo. Ciò consente un’analisi dettagliata dei processi fisico-chimici che si verificano durante lo sviluppo delle supernove, un’analisi che in precedenza non era affatto accessibile per questo tipo di strumentazione.
Precisione micrometrica
Ciascuno dei piccoli robot è costituito da due cilindri sottili disposti longitudinalmente con un’estensione curva all’estremità anteriore. Il cilindro posteriore più spesso è fissato nella piastra del telescopio. Esso forma l’unità alfa e ruota l’asse centrale del robot. L’unità beta è montata eccentricamente sulla parte anteriore dell’unità alfa. Essa sposta le punte delle fibre nell’estremità curvata su una traiettoria circolare.
Combinando i due movimenti assiali, le punte delle fibre possono essere posizionate ovunque in un’area circolare. Ogni cerchio coperto da uno dei robot si sovrappone parzialmente alle aree circolari delle unità vicine. In questo modo, è possibile mirare automaticamente a qualsiasi punto del cielo nell’area di rilevamento del telescopio.
Nel piccolo robot sono disposte tre fibre ottiche. Una è destinata alla luce nello spettro visibile, una seconda allo spettro a infrarossi. La terza è utilizzata per la calibrazione. Grazie ad essa, le punte delle fibre vengono posizionate in tre fasi con una precisione micrometrica: durante un primo allineamento approssimativo, i due motori ruotano fino a quando la fibra destinata all’osservazione viene diretta verso l’oggetto target con una deviazione in media di 50 micrometri. Una telecamera nel telescopio puntata sulle estremità anteriori del robot rileva quindi la punta della fibra di calibrazione e ne misura la posizione. In due ulteriori fasi di avvicinamento, la testa del robot viene quindi portata in posizione con una precisione inferiore a 5 micrometri.
Ricerca accelerata
“Poiché risparmiamo molto tempo grazie all’allineamento automatico, possiamo osservare molti più oggetti ed eseguire un corrispondente numero maggiore di misure individuali”, spiega Kneib. “Questo effetto è ulteriormente amplificato dall’elevata precisione. Il diametro delle fibre ottiche è di 100 micrometri. Il diametro del punto luminoso, proveniente da un oggetto cosmico osservato, che colpisce il telescopio è circa altrettanto grande. Più è la precisione con cui queste due piccole aree si sovrappongono, maggiore è l’emissione di luce per le nostre misurazioni e più velocemente otteniamo risultati validi”.
I presupposti tecnici per questa estrema precisione sono forniti dai motori e dai riduttori Faulhaber, nonché dalla meccanica sviluppata appositamente per questa applicazione dalla filiale di Faulhaber MPS. Entrambi gli assi del robot sono azionati da servomotori brushless CC della serie 1218 … B per l’asse alfa e 0620 … B per l’asse beta. Le prime due cifre della designazione del tipo, dodici e sei, indicano il diametro dei micro azionamenti in millimetri. La loro forza viene trasmessa alla meccanica del robot da appositi riduttori planetari. Questa meccanica è stata sviluppata e costruita da MPS. Gli encoder integrati segnalano al controllo la posizione di rotazione dei motori.
Precisione senza gioco
“Per ottenere la precisione richiesta, abbiamo dovuto eliminare il gioco nel sistema”, spiega Stefane Caseiro, responsabile della progettazione dei componenti presso MPS. Per ottenere ciò, gli ingegneri hanno sostituito il consueto accoppiamento tra gli alberi dei riduttori e gli assi meccanici del robot con connessioni a morsetto ed hanno installato una molla di compressione per eliminare il gioco del riduttore. “Per trovare la molla giusta ci sono voluti diversi mesi”, ricorda l’ingegnere di MPS.
La ricerca del partner giusto per questo sviluppo tecnico ha richiesto meno tempo al team di Kneib. “Non ci sono nemmeno una manciata di produttori in tutto il mondo in grado di fabbricare micromotori con la qualità e la durata richieste”, afferma l’astrofisico. “Faulhaber era naturalmente nell’elenco delle aziende a cui abbiamo richiesto un preventivo. Avevamo già lavorato con successo con MPS in occasione di un precedente progetto. La vicinanza geografica di questi specialisti rappresenta ovviamente un ulteriore vantaggio: c’è solo un’ora e mezza di strada tra l’Università di Losanna ed MPS a Bienne. In aggiunta alla qualità eccezionale ed alle buone esperienze reciproche, il fatto che Faulhaber, insieme alla sua filiale MPS, sia in grado di fornire tutto da un’unica fonte è stato inoltre un argomento molto decisivo”.
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