L’80% degli milanesi si dice spaventata dal Coronavirus e soltanto il 24% ritiene che le notizie fornite sull’emergenza siano chiare ed esaustive. Per oltre 1 intervistato su 5, infatti, le informazioni fino ad oggi sono state poco chiare (21%) o addirittura contraddittorie (22%). Inoltre, il 39% degli intervistati rivela di attingere dai social media le notizie che considera più sicure, mentre soltanto il 19% si affida alle fonti istituzionali e alle dichiarazioni ufficiali.
Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine realizzata da Datanalysis – Istituto di ricerche demoscopiche nell’area Salute – effettuata nei giorni 25-27 febbraio per conto della Fondazione The Bridge su un campione di 500 cittadini residenti a Milano e nella Città Metropolitana.
Il sondaggio – si legge nell’analisi della Fondazione – è stato creato per allargare l’ambito di osservazione passando dagli aspetti prettamente sanitari all’importanza dei fattori legati al vissuto, alla percezione e alle reazioni delle persone in situazioni emergenziali legate alla diffusione di malattie infettive. Non è un caso che il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) abbia dedicato un settore del suo lavoro di comunicazione alla cosiddetta “Emergency Preparedness and Response”; per aiutare anche i cittadini a comprendere il fenomeno di un eventuale contagio e la gestione dello stesso, in sinergia e con l’aiuto dell’apparato sociosanitario, assistenziale ed istituzionale di crisi.
“Nell’epoca delle fake news e dei facili allarmismi, questa indagine evidenzia alcuni dati molto preoccupanti”, afferma Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge che aggiunge: “L’idea che la maggior parte degli intervistati consideri più sicure le notizie che circolano sui social media rispetto alle dichiarazioni ufficiali di rappresentanti delle Istituzioni, medici ed esperti ci rivela come questa emergenza abbia scatenato una vera e propria psicosi da informazione. La gente non sa più a chi credere, non si fida delle versioni ufficiali, abbocca alle teorie complottiste, trasforma i social in un grande gruppo di auto-aiuto in cui ognuno esprime il proprio sentimento, al di là di competenze e preparazione. Tutto questo nasce anche per la continua perdita di credibilità da parte della classe politica e di alcuni rappresentanti delle istituzioni. In momenti come questo serve un vero coordinamento su come comunicare e una linea unica da parte di tutte le istituzioni interessate”.
L’indagine è stata realizzata da Datanalysis per Fondazione The Bridge.