Ucimu-Sistemi per Produrre, l’associazione che rappresenta i costruttori italiani di macchine utensili, sistemi per la produzione e robotica, ha reso noti i dati di produzione del settore che, nel 2012, è cresciuta del 3,5% sull’anno precedente, portandosi a quota 4.930 milioni di euro. Merito dell’export, che nel 2012 è cresciuto del 12% e rappresenta ora il 74% del valore della produzione (3.650 milioni di euro). I Paesi clienti che hanno fatto meglio sono quelli dell’area extra euro (Stati Uniti, Russia, Turchia, Messico, Cina), mentre le vendite in Germania sono calate dell’1,4%. Il Paese teutonico si conferma comunque al terzo posto tra i mercati clienti.
Male invece, come da tradizione purtroppo consolidata negli ultimi anni, il mercato interno, con un consumo nazionale in calo del 13% sul 2011 (a quota 2.220 milioni di euro). Sostanzialmente stabile, intorno al 42%, la quota di import sul consumo interno, segno che i produttori italiani mantengono le posizioni sul mercato interno anche in condizioni di debolezza.
Le previsioni di fatturato per il 2013 vedono una frenata della crescita: il volume d’affari atteso sfiorerà infatti i 5 miliardi di euro (4.990 milioni), registrando solo un +1,2% rispetto al 2012. Si confermano inoltre i trend di quest’anno, con consumi interni in calo ed export a recitare il ruolo del trascinatore.
Luigi Galdabini, presidente di Ucimu, ha sottolineato la preoccupazione derivante dalla contrazione ormai strutturale del mercato interno. “Stiamo rischiando di retrocedere nella serie B delle economie sviluppate”, ha commentato Galdabini.
Nell’autunno del 2013 si terranno le “assise della Macchina Utensile” in Italia, un evento che vuole essere un momento di riflessione aperto a tutti gli attori coinvolti nella filiera, dai costruttori italiani alle filiali italiane dei costruttori esteri, ai distributori italiani, agli agenti. Si discuterà dei punti di forza e di debolezza del settore, opportunità ed esigenze degli operatori.
Dal punto di vista politico-economico, Ucimu chiede innanzitutto una riduzione del cuneo fiscale, con benefici da ripartire tra aziende e lavoratori; poi l’introduzione di uno strumento, sul modello della vecchia legge Sabatini del 1965, che consenta alle imprese acquirenti di dilazionare in cinque anni i pagamenti relativi agli acquisti di beni strumentali. Da ultimo – non in ordine di importanza – si auspica la previsione di accordi di reciprocità (memorandum of understanding) tra l’Italia e i Paesi dai quali il nostro Paese acquisisce corpose partite di beni, favorendo così la scelta da parte loro di macchine italiane.