Pietre miliari di tale cambiamento sono le Leggi 46/90 e 10/91 che hanno stabilito regole più chiare per gli impianti tecnologici, da quelli elettrici ai termici, da quelli per la rilevazione incendi alle antenne, imponendo l’applicazione delle normative tecniche UNI e CEI esistenti già da tempo.
Successivamente, sono state introdotte le direttive europee sulla sicurezza (D.Lgs.26/94), poi completate dal regolamento attuativo di prevenzione incendi (10/3/98).
Tutto ciò implica l’obbligo di gestire e tenere in efficienza negli edifici un elevato numero di impianti tecnologici e di sicurezza, oggi sempre più complessi e sofisticati.
In questo può essere d’aiuto la building automation, il cui scopo è integrare tutti gli impianti sotto un unico strumento di controllo tramite soluzioni elettroniche e informatiche avanzate.
Ma, com’è possibile realizzare tutto questo senza legarsi a un unico fornitore ed evitando il rischio d’acquistare apparecchiature destinate a diventare obsolete nel giro di qualche anno?
L’edificio diventa tecnologico
Gli edifici odierni, dalle grandi sedi aziendali ai centri commerciali, dalle banche agli alberghi, sono ‘scatole di mattoni’ che pullulano di tecnologia.
Al loro interno si trovano i più disparati impianti e sistemi di controllo, più o meno all’avanguardia, che possono essere raggruppati sin tre categorie: adibiti al trasporto d’energia, relativi alla sicurezza e ‘ausiliari’ per la comunicazione e trasmissione di dati.
L’obiettivo di tali impianti può essere riassunto in tre fattori: comfort e benessere, sicurezza di persone e cose, produttività personale e aziendale.
Lasciando da parte il mondo delle abitazioni civili, questi impianti sono presenti anche in svariati ambiti lavorativi e in un quantitativo tutt’altro che trascurabile; ciò significa complessità d’esercizio e di gestione delle situazioni d’emergenza, difficoltà nel trattare con manutentori appartenenti ad aziende diverse, nello scoprire i guasti e a chi attribuirli.
Inoltre, spesso ogni costruttore offre a listino sia i componenti hardware, sia il relativo software di gestione e configurazione del sistema, per il quale è richiesto un apposito PC con Windows 98 o, talvolta, addirittura dos.
A volte ogni impianto necessita di un PC di supervisione dedicato, per un totale di 7-8 differenti computer, con il risultato di creare un sistema ingestibile e difficilmente utilizzabile.
Il personale di guardia, poi, dovrebbe imparare ad adoperare un numero elevato di programmi con un conseguente aumento delle possibilità d’errore.
In caso d’emergenza, inoltre, diventa impensabile coordinare gli interventi di sicurezza, in quanto non esiste un unico responsabile per la supervisione.
I sistemi bus
Oltre a quanto detto in precedenza, un edificio al cui interno siano presenti molti impianti tecnici deve contenere un gran numero di cavi elettrici, cosicchŽ le canaline si saturano velocemente e si presentano problemi in caso di ampliamenti o modifiche.
Una prima soluzione a queste difficoltà è arrivata negli anni ‘90 con l’avvento dei sistemi bus, una tecnologia che permette di distribuire le apparecchiature di controllo e regolazione in più zone e interconnetterle tramite una linea bus di comunicazione seriale.
Esistono diverse tipologie di soluzioni bus, ma se ne possono identificare in particolare due: sistemi dotati di una centrale di controllo (intelligenza centralizzata) e sistemi dove il bus interconnette apparecchiature con intelligenza autonoma.
Le soluzioni a intelligenza centralizzata vengono più spesso impiegate in applicazioni per la rilevazione di incendi con sensori indirizzati e anti-intrusione, mentre quelle a intelligenza distribuita sono utilizzate nelle centraline di regolazione integrate in termoconvettori, nei controllori per centrali termiche e di condizionamento e negli analizzatori dei consumi elettrici, di gas e via dicendo.
Prese singolarmente queste soluzioni possono adattarsi a qualunque tipo d’impianto, tuttavia sono difficilmente integrabili fra loro, in quanto non è ancora stata definita una normativa che comprenda tutti i sistemi tecnologici che un edificio richiede.
Esistono solo alcune norme che prendono in considerazione i sistemi bus del settore industriale, come EN 50170, e alcuni consorzi che si occupano di impianti elettrici, quali EIB Instabus.
Le norme emesse dal Comitato Tecnico 65 di IEC/Cenelec hanno sollevato alcune perplessità, tanto che vari costruttori si sono dissociati dal Comitato e continuano a proporre prodotti propri.
Siamo in una situazione in cui ognuno fornisce apparecchiature che comunicano con un linguaggio progettato su misura, non standardizzato, con protocollo proprietario.
L’ideale da raggiungere
Gli scopi che la building automation si prefigge sono molteplici, dalla gestione centralizzata della sicurezza, alla semplicità d’esercizio per impianti complessi, dagli automatismi di controllo a prova d’errore umano, al monitoraggio dei consumi energetici.
A ciò si aggiungono una facile individuazione dei guasti, la registrazione di tutti gli eventi e una maggiore economicità d’esercizio.
Un esempio di ottimizzazione si può vedere applicato nelle stanze di un albergo.
Esse possono essere dotate di un micro-contatto che disattiva il funzionamento della climatizzazione non appena viene aperta una finestra.
L’idea è senz’altro interessante, ma esistono fattori che hanno frenato lo sviluppo di queste soluzioni, prima di tutto la mancanza di regole chiare e di un linguaggio di comunicazione comune a tutti i sistemi.
Per arrivare a questo tipo di applicazione, infatti, l’edificio deve disporre di una soluzione in grado di collegare gli impianti elettrico, di climatizzazione, d’allarme e via dicendo.
Attualmente, invece, ogni costruttore agisce da singolo o si occupa solo di un determinato sistema: chi gestisce gli impianti termici non conosce nemmeno quelli di sicurezza, mentre chi s’intende della parte elettrica non s’interessa di allarmi.
Per risolvere questa situazione occorrerebbe rivolgersi a un produttore in grado di operare a 360°; rimarrebbero tuttavia alcuni inconvenienti, come l’impossibilità di scegliere a tutto campo fra i prodotti presenti sul mercato, in quanto ci si affiderebbe a un unico fornitore e i componenti proverrebbero da uno stesso catalogo.
Se poi l’edificio è già dotato di impianti, solitamente viene proposto di ricostruirli con costi che raggiungono cifre a 8 zeri, infatti in un sistema mono-costruttore il produttore non ha concorrenti nè sui pezzi di ricambio, nè sui contratti di manutenzione e può applicare i prezzi che vuole.