AES_7 2022

INDAGINE Approfondimenti 44 Ottobre 2022 n Automazione e Strumentazione con sembianze umane dotati di un adeguato livello di intelligenza artificiale. Ispirati dalla natura Quando invece la biologia ispira la robotica nasce una nuova generazione di robot capaci di simulare il com- portamento degli organismi viventi e di utilizzare l’ambiente per muoversi. Ma perché la robotica trae sempre maggiore ispira- zione dagli organismi viventi e, in particolare, da piante e animali? In primo luogo, per superare i limiti attuali. I robot dovranno essere sempre più in grado di uscire dalle fabbriche e dai laboratori, affrontando la comples- sità, i contesti mutevoli e gli ambienti caotici del mondo reale. Studiando e imitando la natura, i robot, oltre che umanoidi, diventano sempre più plantoidi e animaloidi. In quest’ultimo caso l’arena dei robot bioispirati acco- glie le forme più svariate, offrendoci esempi che vanno dal colibrì al granchio, dal polpo al ghepardo, dalla rana al cane poliziotto. Animaloidi ognuno con impieghi e benefici propri della biomeccanica e dell’ambiente natu- rale dell’essere vivente al quale si ispira. Cobot, la sinergia tra uomini e robot per Industria 4.0 Ideati a partire da un progetto di ricerca del 1995 della General Motors Foundation , i primi cobot erano deputati a limitate funzioni di controllo del moto coope- rando con gli operatori e i PC. In termini di produzione industriale standardizzata, i cobot più popolari risalgono ai primi anni 2000 (Cobotics), al modello UR5 della Universal Robotics (2008) e ai recenti modelli ABB (Yumi), Fanuc (CR-35iA), Kuka (LBR iiwa), Robo- tiq , Güdel , Yaskawa , Omron e Mitsubishi Electric. Ma anche l’Italia (settimo Paese più robotizzato al mondo, con 185 robot ogni 100 mila addetti) è protagonista con aziende come Alumotion , Sacmi , Bnp , Tiesse Robot Anodica Trevigiana . Caso a sé il polo piemontese dove la robotica rappresenta oltre il 60% del fatturato italiano del settore e si è affermata grazie ad aziende del calibro di Comau , Dea , Prima Industrie . E ancor prima grazie all’eredità di Olivetti e Fiat nel campo della elettronica e della meccanica. Oggi, pur registrando alcuni punti non del tutto risolti (condizioni di sicurezza, limiti normativi, gestione delle responsabilità, procedure di progettazione), il mercato sta riconoscendo pienamente le potenzialità dei robot collaborativi e li ha resi una delle tecnologie trainanti della trasformazione digitale e di Industria 4.0. I com- piti tipici svolti dai cobot sono quelli dove è difficile o troppo costoso utilizzare tradizionali robot industriali o che richiedono un alto livello di destrezza come nel caso dei test in linea, il controllo di qualità, il pick and place, il packaging e gli assemblaggi. I cobot possono essere movimentati lungo un percorso o una traiettoria con la sola forza di una mano, grazie alla capacità di memoriz- zare e replicare le manovre mostrate loro dall’operatore. Grazie alla leggerezza del braccio robotico e del qua- dro di controllo rendono più semplice l’installazione. Le interfacce di programmazione sono di tipo intuitivo grazie alle modalità teaching, touch screen e multilingua. A questo si affianca la crescente necessità da parte delle aziende di implementare postazioni di lavoro ‘intelligenti’ in grado di adattarsi rapidamente alla tipologia di opera- tore, di lavorazione e di prodotto. I cobot sono economici, facilmente programmabili e installabili, leggeri, privi di spigoli, motori, cavi o compo- nenti elettromeccanici esposti, opportunamente rivestiti in modo da ridurre gli effetti di eventuali urti e contatti. Sono dunque alla portata delle PMI e utili alla loro compe- titività. In particolare, nelle celle di produzione ai cobot possono essere demandate le attività ripetitive e di minor valore aggiunto, riservando agli operatori e ai robot indu- striali quelle di assemblaggio di maggior rilievo. I robot tradizionali sono più veloci e non determinano particolari problemi per la sicurezza. I cobot sono più flessibili, meno costosi, ma non automatizzano com- pletamente il processo. In genere non sollevano carichi superiori ai 100 kg. Nel caso del cobot dobbiamo parlare anche di produttività limitata perché ci sono dei requisiti di sicurezza vincolanti. A differenza dei robot industriali tradizionali, che per funzionare hanno bisogno di essere programmati, i cobot apprendono work in progress, memorizzando e repli- cando le manovre mostrate dal ‘collega’ umano o impa- rando dai propri errori e dall’esperienza. XoTrunk, XoShoulder e XoElbow i tre esoscheletri robotici indossabili sviluppati da IIT in collaborazione con Inail (Inail)

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