AS_06_2021

zione di tecnologie abilitanti non ancora adottate, la piena digitalizzazione dei processi. Un’attenzione particolare verrà data al livello di connettività raggiunto e alle infrastrut- ture di comunicazione che dovranno essere tali da garantire la tenuta delle reti e con- sentire l’enorme aumento di attività online; questo nell’attesa che il pieno sviluppo del 5G consenta la più completa diffusione delle operazioni a distanza, senza problemi di congestione e in totale sicurezza. Il quadro della situazione italiana Mentre molte aziende scaldano i motori per avviare progetti di lavoro agile, diamo uno sguardo alla situazione italiana complessiva. In questo ci aiuta l’ Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. I dati dell’Osservatorio 2019, cioè prima del Covid, indicavano una diffusione dello smart working che raggiun- geva circa 570 mila, circa il 20% in più rispetto a 2018. Il potenziale stimato però arriva a toccare i 5 milioni (su totale 23 milioni di lavoratori). Per avere un’idea sintetica di cosa ciò significhi per le aziende italiane basteranno queste percentuali: tra le grandi aziende circa il 60% aveva avviato progetti di smart working in modo strutturato; la cifra si riduce al 30% se si considerano le PMI, per toccare il 20% nella Pubblica Amministrazione. C’è stata però la lunga parentesi della pandemia, che ci si augura avviata a conclusione, durante la quale l’Osservatorio ha aggiornato l’indagine arrivando a questo quadro: durante la fase più acuta dell’emergenza lo smart working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle PA e il 58% delle PMI, per un totale di 6,58 milioni di lavo- ratori agili, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani. Il maggior numero di smart worker lavora nelle grandi imprese (2,11 milioni), sono 1,13 milioni quelli che operano nelle PMI, 1,5 milioni nelle microimprese (sotto i dieci addetti) e 1,85 milioni nelle PA. L’Osservatorio ritiene che “lo smart working sia ormai entrato nella quotidianità degli ita- liani e sia destinato a rimanerci”: al termine dell’emergenza si stima che i lavoratori agili, che lavoreranno almeno in parte da remoto, saranno complessivamente 5,35 milioni, di cui 1,72 milioni nelle grandi imprese, 920mila nelle PMI, 1,23 milioni nelle microimprese e 1,48 milioni nelle PA. L’applicazione dello smart working durante la pandemia ha comunque mostrato come “un modo diverso di lavorare sia possibile anche per figure professionali prima rite- nute incompatibili, ma ha anche messo a nudo l’impreparazione tecnologica di molte organizzazioni”. Nonostante le difficoltà, questo smart working atipico ha contribuito a migliorare le competenze digitali dei dipendenti, a ripensare i processi aziendali e ad abbattere barriere e pregiudizi sul lavoro agile, segnando una svolta forse irreversibile nell’organizzazione del lavoro. Lo smart working durante la pandemia ha dimostrato come sia possibile e, spesso, molto utile lavorare in connettività anche rivestendo ruoli prima ritenuti incompatibili con questa modalità, ma occorre che le organizzazioni siano preparate da un punto di vista tecnologico

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