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Automazione e Strumentazione n Gennaio - Febbraio 2024 Primo piano 25 DOSSIER a fissione. La difficoltà a reperire Trizio è uno dei problemi principali della fusione. Dal Jet a Iter a Demo I primi sviluppi della fusione nucleare, un po’ come per la fissione, sono avvenuti in ambito mili- tare, con la costruzione della bomba H. Successi- vamente la ricerca si è indirizzata anche in ambiti di utilizzo civile e ha visto un’accelerazione dopo l’invenzione della configurazione a tokamak che ha dato presto i primi risultati interessanti. L’obiettivo dei reattori per adesso è quello di avere un guadagno abbastanza alto per cui l’energia pro- dotta dia innanzitutto un guadagno netto, ovvero che l’energia prodotta superi quella immessa per innescare la reazione, ma anche per cui la reazione possa autosostenersi. Diversi esperimenti si stanno avvicinando a raggiungere un guadagno netto Q = 1, considerato come figura di merito per raggiun- gere l’autosostentamento della reazione; finora il guadagno massimo di Q = 0,7 è stato raggiunto nel 2021 dal NIF che ha superato di poco il precedente record di Q = 0,6 stabilito dal Jet nel 1997. Perché poi un reattore a fusione sia effettivamente utiliz- zabile occorre superare di molto il break-even, così che la macchina sia complessivamente abbastanza efficiente da poter ottenere un guadagno anche in produzione energetica tenendo conto delle perdite all’interno della centrale. In quello stesso esperi- mento il Jet aveva raggiunto un altro record relativo all’energia prodotta, rilasciando 21,7 MegaJoule in circa quattro secondi; record superato sempre dal Jet nel 2021 producendo 59 MegaJoule di energia in un ‘impulso’ di fusione di cinque secondi . Il Jet (Joint European Torus) è il più grande reattore sperimentale di fusione nucleare attivo in Europa: si trova a Culham, vicino a Oxford (UK), ed è di proprietà dell’Autorità britannica per l’energia atomica ma le operazioni scientifiche sono gestite da una collaborazione europea, la Eurofusion . Oltre ai risultati appena citati, è al Jet che si è capita l’importanza dei materiali con cui costruire reat- tori. Inizialmente veniva utilizzato il Carbonio per costruire la struttura interna, correndo un alto rischio di inquinamento del plasma e di un’alta ritenzione di Trizio, che rende difficile il controllo della quantità del plasma. Dopo il 2000 si assiste al passaggio a pareti metalliche, in particolare di Berillio , e le previsioni per reattori effettivamente adibiti alla produzione di energia è di costruzione di pareti interamente in Tungsteno . Il prossimo passo è il reattore Iter, International Thermo- nuclear Experimental Reactor , in costruzione in Provenza dal 2007 e frutto di un accordo internazionale firmato da 7 partner: Cina, Com- missione europea, India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti. È un reattore di tipo tokamak, alimentato a Deuterio - Trizio e il suo obiettivo è dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica della fusione: dovrebbe entrare in funzione nel 2025 per arrivare a produrre una reazione di fusione stabile con produzione di energia di 500/700 MW con fattore di guada- gno Q = 0,5 e durata di plasma circa 30 min. Le previsioni più realistiche per l’allaccio effettivo alla rete elettrica sono previste per il 2045-2050, con problemi critici di smaltimento di potenza termica, tecnologia di breeding (produzione del combustibile) e controllo dei neutroni fuoriusciti dal plasma. Qualche numero e qualche curiosità basteranno a sostenere l’affermazione fatta all’inizio circa l’imponenza e la complessità di un’impresa come quella di un reattore a fusione: il sito di Iter è grande circa 60 campi da calcio; per i suoi magneti serviranno cavi per una lunghezza complessiva di circa 2,5 volte la circonferenza terrestre; il reattore peserà circa 3 volte la Tour Eiffel; la forza a cui sarà soggetto il solenoide centrale per effetto del campo magnetico sarà pari a 2 volte la spinta dello Shuttle; il carico ter- Il primo numero della rivista di Eurofusion, l’istituzione che gestisce il reattore sperimentale Jet in UK e che è frutto della collaborazione dell’Autorità britannica per l’energia atomica e delle istituzioni dell’Unione Europea

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