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Gennaio - Febbraio 2024 n Automazione e Strumentazione Primo piano 24 DOSSIER che penetrano nella sferetta causando l’innalza- mento di temperatura che provoca la reazione nucleare. Questi esperimenti hanno portato per la prima volta ad un guadagno maggiore di 1, ma non è ancora ben chiaro come questa tecnica possa essere utilizzata efficacemente in un reat- tore. I recenti risultati rappresentano un interes- sante passo in avanti dal punto di vista fisico, anche se, dal punto di vista di impiantistica e di realizzabilità del reattore, il confinamento magnetico sembra più avanzato. Vale la pena comunque menzionare anche una più recente linea di ricerca sempre basata sul tokamak ma con un approccio diverso, che con- siste nell’aumentare il campo magnetico invece delle dimensioni del plasma e nell’utilizzo di nuovi magneti superconduttori ad alto campo e ad alta temperatura. È il caso del progetto Sparc , sviluppato presso il Plasma Science & Fusion Center del MIT di Boston. Sparc sta per ‘Smallest/Soonest Possible ARC’ e a sua volta ARC è l’acronimo di ‘Affordable, Robust, Compact’ . Si tratta di un dispositivo compatto, delle dimensioni degli attuali reattori di medie dimensioni, ma con un campo magnetico molto più forte: in base alla fisica consolidata, si pre- vede che il dispositivo produca 50-100 MW di potenza di fusione, ottenendo un guadagno di fusione Q maggiore di 10. Il problema dei materiali La fusione nucleare sulla Terra di per sé può avve- nire a partire da reazioni diverse. Tra le diverse reazioni possibili quella più adatta per la produ- zione energetica è la fusione Deuterio - Trizio (due isotopi dell’Idrogeno) in quanto facilmente innescabile; essa produce una particella alfa e un neutrone. Ce ne sono altre cinque che sono eso- energetiche, ma questa è quella che produce più energia a fronte di una minore repulsione coulom- biana e una maggiore probabilità di interazione. Il neutrone che viene prodotto da questa reazione rappresenta il guadagno di energia ed esso sfugge dal plasma, essendo una particella non carica e quindi non vincolato dai campi magnetici che trattengono il plasma. La particella alfa invece è carica e cede la sua energia al plasma confinato, riscaldandolo, quindi la reazione si autoalimenta. Il neutrone in realtà viene catturato dalle pareti del reattore, costituite da materiale assorbente che si scalda ma poi cede il calore a dei circuiti di raf- freddamento. Più rara ma interessante dal punto di vista ener- getico è la fusione Deuterio - Elio-3 , in quanto presenta tra i prodotti di reazione delle particelle cariche che, in linea di massima, potrebbero essere utilizzate per produrre direttamente ener- gia elettrica tramite induzione limitando così la dispersione energetica tra il reattore e la centrale effettiva. Il Deuterio è presente abbondantemente in natura, si riesce a produrre semplicemente a partire dall’e- lettrolisi dell’acqua di mare: in un bidone di acqua di mare c’è abbastanza Deuterio da far funzionare un reattore per un giorno. Altro discorso riguarda invece il Trizio, che non si trova in natura per- ché radioattivo e si dimezza in circa 12 anni; per- ciò va prodotto artificialmente, facendo reagire i neutroni prodotti dalla reazione stessa con del Litio-6. Ovviamente per accendere il reattore per la prima volta bisogna avere del Trizio già dispo- nibile, o produrlo tramite un’altra reazione con il Boro, o dal prodotto di reazione di alcune centrali Gli Stellarator, che in termini di tempo hanno preceduto i Tokamak, hanno una diversa configurazione del plasma Una linea di ricerca molto promettente è anche quella della fusione a confinamento inerziale, specialmente con l’utilizzo di laser

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