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MAGGIO 2019 AUTOMAZIONE OGGI 414 158 TECH BOYS AND GIRLS AO Lucilla La Puma a dottoressa Maria Elena Fragalà si laurea in chimica nel ‘95 a Catania; termina il dottorato di ricerca nel ‘99 e per qualche tempo rimane in università per fare ricerca. Così accade infatti per qualche mese finché un’offerta non la porta a lavorare per una società americana che fornisce attrezzature e processi per la realizzazione di semiconduttori. La passione per il mondo accademico nel 2008 la riporta all’università, prima come borsista e poi come ricercatrice. Tra la fine del 2014 e gli inizi del 2015 diventa professore associato. Una lunga carriera quella di Elena, piena di progetti e di scelte importanti. Dall’inizio della tua carriera a oggi, a quale progetto ti sei legata di più? “Non ho un figlio prediletto. Ritengo che tutti i progetti siano una sfida e una grande occasione di crescita culturale e professionale. Inoltre ci danno l’opportunità di toccare con mano come la società moderna evolva velocemente, cambiando e rimodulando le sue esigenze anno dopo anno. Ho iniziato lavorando con i semiconduttori, ho avuto peraltro un’esperienza decennale in industria, e oggi mi occupo di sintesi di nanomateriali funzionali. Le nanotecnologie offrono infinite possibilità di design di nuovi materiali smart e ‘stimuli responsive’ le cui applicazioni spaziano dall’elettronica, alla medicina, alla tutela dell’ambiente, all’energia. Nei progetti che mi hanno riguardato mi sono occupata prevalentemente della sintesi e dello studio di nanostrutture di ossidi semiconduttori, in particolare l’ossido di zinco, ZnO, per applicazioni in ambito energetico e sensoristico. L’ossido di zinco è un materiale molto versatile grazie alla sue proprietà ottiche, piezoelettriche e semiconduttive. È caratterizzato inoltre da una bassa tossicità e biodegradabilità e da proprietà antibatteriche che lo rendono applicabile in ambito biomedico. Grazie alla funzionalizzazione superficiale, ovvero alla possibilità di ‘agganciare’ (grafting) molecole recettrici a specifici analiti come i gas inquinanti nell’aria o metalli pesanti nell’acqua, è possibile disegnare, progettare sensori estremamente sensibili e selettivi. C’è un progetto a cui vorresti che la comunità scientifica (fondi europei) aderisse? “Direi al contrario che mi piacerebbe accedere con maggior facilità ai progetti europei, ma non è così semplice”. Ti appassiona più insegnare a fare ricerca o ricercare? “Sicuramente la ricerca mi coinvolge maggiormente come studiosa, ma l’in- segnamento mi arricchisce umanamente. Sento la responsabilità di formare le nuove generazioni non soltanto da un punto di vista professionale, ma anche culturale e sociale. La chimica ci insegna a vedere oltre la tavola periodica, a confutare ogni dogmatismo attraverso la libertà di ricerca, la creatività e la capacità di osservazione critica. Inoltre, le nuove generazioni sono cambiate e quindi bi- sogna cercare nuove modalità di insegnamento e di linguaggio, insomma anche in quest’ambito bisogna continuamente ‘fare ricerca’. Qual è il progetto a cui stai lavorando? “Mi sto occupando di nanofibre ibride polimerico-inorganiche per applicazioni in ambito medi- cale e ambientale. In questomomento sono coinvolta in un progetto finalizzato al monitoraggio e trattamento dell’acqua per applicazioni in acquacultura. C’è molta attenzione sulle problematiche legate agli effetti dei cambiamenti climatici sull’ecosistema e l’ambiente e molta attenzione è dedicata alla tutela dell’acqua. Nei prossimi decenni si dovrà fronteggiare un serio problema relativo alla deperibilità di questa risorsa e al suo crescente tasso di inquinamento che ha profonde ripercussioni sulla salute e sopravvivenza dell’intero pianeta”. Chiedo a tutti i ricercatori se è meglio fare ricerca in Italia o all’estero. Qual è la tua opinione? “Penso che a livello nazionale fare ricerca non è assolutamente semplice. L’accesso ai fondi è molto limitato specialmente per i gruppi più piccoli che sono spesso più penalizzati. All’estero sicuramente i meccanismi di finanziamento sono differenti e le opportunità per i giovani ricercatori maggiori. Ognuno di noi fa delle scelte: in passato ho avuto la possibilità di scegliere e ho deciso di rimanere in Italia. Dico sempre ai miei allievi che è fondamentale vivere un’esperienza all’estero perché accresce il nostro bagaglio formativo e apre la nostra mente mettendoci a contatto con culture e modi di lavorare diversi. Ritengo di essere una privilegiata perché ho potuto scegliere e ho vissuto due mondi, quello dell’industria e quello accademico. In ognuno si devono fronteggiare problemi a volte non facili. Ma io ho cercato e cerco di fare sempre del mio meglio prima come ricercatrice e come docente. E il meglio Elena è solita darlo anche nella vita privata e a se stessa. Si concede del tempo, seppur rosicchiandolo con sacrificio, come lei stessa ammette, per praticare sport. “Corro molto e gioco a tennis. Quando riesco nuoto anche. Questo anche se devo rinunciare alla mia pausa pranzo”. L Maria Elena Fragalà Laurea in Chimica all’Università di Catania. Nel 1999 è ingegnere di processo in Applied Materials e in principali siti di R&D e di produzione dell’industria microelettronica internazionale, occupandosi dello sviluppo di processi e tecnologie per la produzione di dispositivi microelettronici. In collaborazione con il Consorzio Interuniversitario per la Scienza e Tecnologia dei Materiali si è occupata di processi di fabbricazione di Ossidi Trasparenti Conduttivi (TCO) mediante deposizione CVD. Ricercatrice a tempo indeter- minato di Chimica Generale e Inorganica all’Università di Catania e poi professore associato. Ha scritto più di 80 articoli in collaborazione, pubblicati su riviste scientifiche internazionali e 2 capitoli di libro. Membro del Consorzio InterUniversitario per la Scienza e Tecnologia dei Materiali, e membro della International Asssociation of Advanced Materials (Iaam) che l’ha insignita della Iaam Scientist Medal nel 2017.

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