AO 443

GENNAIO-FEBBRAIO 2023 AUTOMAZIONE OGGI 443 | 99 na delle facoltà riconosciute al datore di lavoro è quella di trasferire un dipendente, in maniera definitiva, da una sede all’altra della stessa azienda. Il provvedimento, tuttavia, non può essere fatto a libero piaci- mento del datore di lavoro, poiché il nostro legislatore prevede una serie di limiti entro i quali il trasferimento può essere ritenuto legittimo, il tutto al fine di evitare abusi nei confronti del lavoratore. Nello specifico, il provvedimento può essere attuato solo in presenza di ‘comprovate ragioni tecniche, organizzative o produttive’. Per comprendere meglio il tema, è bene spe- cificare che il trasferimento del lavoratore non riguarda le mansioni, ma solo il luogo dove il lavoro viene svolto. Nel contratto di assunzione è infatti segnata la sede dove il lavoratore presterà la propria attività lavo- rativa. Tuttavia, può capitare che durante l’arco del rapporto lavorativo vi sia l’esigenza o la necessità che questo luogo venga cam- biato. In primis, può essere lo stesso lavo- ratore a richiedere alla propria azienda che la sede lavorativa venga cambiata in favore di un’altra, oppure può essere che il datore di lavoro a decidere questo cambiamento. Il provvedimento di trasferimento del la- voratore rappresenta uno strumento ‘ec- cezionale’, rientrante nel potere direttivo e organizzativo che è in capo al datore di lavoro e che ha come scopo quello di sod- disfare le esigenze aziendali attraverso la ricollocazione del lavoratore. Tuttavia, per evitare uno squilibrio di poteri in favore dell’azienda, il legislatore prevede una serie di vincoli a garanzia del lavoratore. Il trasferimento, in particolare, deve av- venire solo per ragioni di carattere orga- nizzativo, tecnico e produttivo. A titolo esemplificativo, un lavoratore può essere trasferito perché si ritiene la sua presenza nella sede attuale non più utile, oppure perché la particolare professionalità dello stesso è ritenuta necessaria nella sede di destinazione. I limiti appena elencati ri- guardano esigenze oggettive, che il giu- dice dovrà controllare nel caso in cui venga chiamato a decidere, per discutere sulla legittimità del provvedimento. Tuttavia, questo vaglio non può estendersi anche al merito o all’opportunità del trasferimento. Questa valutazione, infatti, deve essere ga- rantita al datore di lavoro. In altre parole, il giudice controllerà che il provvedimento ri- sponda a comprovate ragioni tecniche, or- ganizzative e produttive che giustifichino e legittimino il trasferimento del lavoratore. Il limite di questo vaglio è rappresentato dal principio di libertà di iniziativa economica privata, ovvero dalla scelta imprenditoriale del datore di lavoro: essa non può essere discussa dal giudice. Il provvedimento di trasferimento del la- voratore non è soggetto ad alcun requisito di forma; questo comporta che può essere comunicato oralmente, o con qualsiasi altro mezzo. Non è nemmeno necessario che siano indicate le motivazioni che hanno por- tato a questa decisione; devono però essere comunicati se il lavoratore ne fa richiesta. L’azienda ha l’onere di allegare e provare in giudizio che le esigenze che hanno portato al trasferimento siano fondate e corrispon- denti con quanto richiesto per legge. Il ter- mine di preavviso non è richiesto ai fini della legittimità del provvedimento, ma compor- terebbe il riconoscimento di un’indennità al lavoratore conseguente al disagio soppor- tato. Tuttavia, molti CCNL fissano un periodo di preavviso prima che il trasferimento possa aver luogo e, se il datore non rispetta questo vincolo, il trasferimento è inefficace. La legittimità del trasferimento è subor- dinata all’esistenza delle comprovate ra- gioni tecniche, produttive e organizzative; il consenso del lavoratore non è richiesto. Il dipendente non può quindi opporsi al provvedimento del proprio datore di la- voro, a meno che questo sia sprovvisto dei requisiti. Il lavoratore che ritiene, però, che il provvedimento di trasferimento sia illegittimo, potrebbe decidere di non adempiere a quanto richiesto e rifiutarsi di eseguire la prestazione nella nuova sede di lavoro. In questo caso, il datore può deci- dere di licenziare il lavoratore. Ovviamente, la validità di questo licenziamento è stret- tamente collegata al provvedimento di trasferimento: se quest’ultimo è legittimo, allora il rifiuto del lavoratore di adempiere alla prestazione può essere ritenuto come un giustificato motivo soggettivo per il li- cenziamento. Se il trasferimento appare invece illegittimo, il lavoratore potrà op- porvisi con qualsiasi atto scritto, entro 60 giorni dalla data di ricezione della comuni- cazione del trasferimento. U Il trasferimento del lavoratore Cristiano Cominotto ALP – Assistenza Legale Premium @cri625 AUTOMAZIONE OGGI AVVOCATO

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