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TECH BOYS AND GIRLS AO APRILE 2021 AUTOMAZIONE OGGI 429 94 Lucilla La Puma l tech boy di questo mese risponde al nome di Gabriele Capurso, classe ‘72. Si è laureato nel ‘97 in medicina e chirurgia e poi si è specializzato in Gastroenterologia. Oggi è il vicedirettore del Centro per la Ricerca Clinica e Traslazionale sulle Malattie del Pancreas dell’Ospedale S. Raffaele di Milano, uno dei Centri in Italia e in Europa che tratta il maggior numero di pazienti con queste patologie, in particolare con tumori del pancreas. Durante gli anni della formazione specialistica, mi racconta, ha cercato da una parte di apprendere i metodi e la tenacia che sono ne- cessari per svolgere la ricerca scientifica, dall’altra di sviluppare la capacità empatica che serve a unmedico per ricordarsi che il paziente deve essere sempre al centro dell’attività. “Al termine della scuola di specialità, nel 2001, lamia ambizione era quella di migliorare come ricercatore e di farlo in un laboratorio, perché nella medicina moderna non è possibile non considerare l’importanza degli aspetti molecolari delle patologie. La sfida è stata quella di volerlo fare in un laboratorio che si occupava di tumori del pancreas, quello diretto dal prof. Nick Lemoine a Londra. Sono stati anni com- plicati, perché ero uno dei pochi medici a passare le proprie giornate integralmente in laboratorio, ma ho imparatomoltissimo da colleghi di tutto il mondo e con diverse formazioni: biologi, tecnici di laboratorio, bioinformatici. Proprio occupandomi del profilo di espressione genica delle neoplasie pancreatiche ho infatti capito che l’uso di tecnologie di laboratorio che producevano un enorme massa di dati di ‘omics” (genomica, trascrittomica, proteomica) richiedeva la partecipazione alla ricerca di figure professionali capaci di analizzare questi Big Data in modo appropriato. Nel 2004 sono rientrato a Roma, dove il mio professore, Delle Fave, si era spostato dal vecchio Policlinico Umberto I, al S. Andrea, che in quel momento era un nuovo polo ospedaliero-universitario, e dove poi ho lavorato fino al 2018”. Poi sei tornato in Italia… “Il rientro, dopo aver rifiutato l’offerta di restare a Londra, è stato una gioiama anche uno shock, perchémi sono reso conto di quanto il nostro sistema renda difficile per un medico lo sviluppo di un percorso di Ricercatore Traslazionale. Ho cercato quindi di organizzare l’attività clinica e di ricerca sulle malattie del pancreas e, grazie soprattutto all’entusiasmo di colleghi più giovani, in pochi anni siamo diventati il Centro di Riferimento Regionale per queste malattie, riuscendo allo stesso tempo a ottenere importanti risultati di ricerca sia in termini di pubblicazioni, sia di visibilità internazionale”. Come sei approdato aMilano? “Nella vita, personale e professionale, tendo a essere una persona che non si accontenta e che vuole sem- pre ‘alzare l’asticella’. Anche per questo l’offerta del S. Raffaele di Milano, quando arrivò, non era rifiutabile. In questo Istituto ho la fortuna di lavorare con professionisti di varie specialità, che sono realmente fuoriclasse nel curare lemalattie del pancreas, e di sviluppare progetti con il supporto di altri professionisti, come nutrizionisti, infermieri di ricerca, data manager, che in molti ospedali nemmeno esistono. Ve- diamo oltre 2.000 pazienti con tumore del pancreas ogni anno, oltre a quelli con pancreatite o patologie benigne. Arrivano da tutta Italia”. Quali progetti stai seguendo? “Le mie passioni come ricercatore sono la metodologia e la ricerca traslazionale, quel filone che mette assieme il laboratorio di biologia molecolare con i dati clinici del paziente per avere con metodi complessi risposte clinicamente rilevanti. I progetti di ricerca che stiamo portando avanti nel Pancreas Center del S. Raffaele sono proprio di questo tipo. In particolare, stiamo stu- diando mediante campioni ottenuti con l’ecoendoscopia, una tecnica endoscopica avanzata, le ‘signature’ di trascrittomica del tumore del pancreas, ovvero il suo patrimonio di RNA, per definire sia quale trattamento sia più adatto a ogni paziente, sia se ci sono nuovi target per la terapia di un tumore che resta quello con la peggiore prognosi, e il solo, tra quelli digestivi, la cui incidenza sta aumentando”. C’è un consiglio che vorresti dare? “Cerco di insegnare questo ai colleghi più giovani: l’obiettivo deve essere formaremedici e ricercatori più completi, migliori, capaci di eccellere guardando avanti e non pensando solo alle difficoltà giornaliere. Il resto del tempo lo dedico alle mie figlie, quando sono a Roma, purtroppo poco ma, spero, di qualità. Dormo poco per trovare anche il tempo di leggere, di pensare, di ascoltare buona musica, di fare sport, tutte queste cose qualche minuto ogni giorno”. Gabriele Capurso Laureatosi con lode nel 1997 in Medicina e Chirurgia all’Università La Sapienza di Roma - Policlinico Um- berto I, e quindi specializzatosi in Gastroenterologia nel 2001, ha conseguito il dottorato in Oncologia digestiva nel 2005 presso lo stesso Ateneo. Dal 2002 al 2004 è stato ricercatore presso la ‘Molecular Oncology Unit’ al ‘Cancer Research UK’ dello Hammersmith Hospital e del St. Barts Hospital di Londra (Regno Unito). Dal 2006 fino al 2018 è consu- lente, UOCMalattie apparato digerente&fegato, dell’azienda ospedaliera S. Andrea di Roma e professore a contratto del Corso di Medicina e Chirurgia e della Scuola di specializzazione in Gastroenterologia della stessa La Sapienza. Da luglio 2018 è responsabile della Ricerca Clinica della Divisione di endoscopia pancreato-biliare ed EUS del Centro per la Ricerca Clinica e Traslazionale sulle Malattie del Pancreas dell’Ospedale S. Raffaele di Milano, di cui da aprile 2020 è vicedirettore. È stato fra l’altro redattore associato per ‘UEG Journal, Digestive and Liver Dise- ase’; consigliere dell’EPC-European Pancreatic Club (2015-2018); segretario scientifico (2013-2016) e consigliere (2013-2019) dell’Aisp-Associazione italiana studio pancreas. I
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