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TECH BOYS AND GIRLS AO MARZO 2021 AUTOMAZIONE OGGI 428 94 Lucilla La Puma uesta crisi globale dovuta all’epidemia di coronavirus ha spintomolti di noi ad avere un approccio diverso alla vita e ha reso molti di noi più empatici verso gli altri e più disponibili alla conoscenza. L’interesse della nostra rubrica è sempre stato quello di far conoscere le ‘intelligenze’ del nostro Paese e siamo sempre più convinti che gli sforzi enormi compiuti dalla scienza e visibili a tutti soprattutto in questi mesi, meritino oggi più di una riflessione. Di pro- gresso, di ricerca e di automazione, oggi ne parliamo con Nicola Voglino, chiedendogli come nostra consue- tudine, di raccontarci un pezzo della sua storia e del suo lavoro. “Mi sono laureato in Medicina e Chirurgia e poi Specializzato in Ortopedia e Traumatologia all’Università di Siena” ci racconta Nicola. “Il mio interesse pro- fessionale si è sempre diviso nella cura e nel trattamento di pazienti traumatizzati da incidenti stradali, incidenti sul lavoro, e nella ‘Sports Medicine’, ossia nello studio e la cura degli sportivi sia amatoriali sia professionisti. Ho sempre ritenuto importante occuparsi di questi due campi dell’ortopedia, perché, seppure apparentemente in opposizione, sono strettamente connessi tra loro. Dalla Traumatologia si ap- prende la rapidità del trattamento, l’essenzialità, la conoscenza dei mezzi di sintesi e dei materiali con i quali sono costruiti, la filosofia che è presente in ogni sistema di fissazione detta osteosintesi e anche una certa inventiva - due fratture non sonomai uguali tra loro - necessaria a sopperire spesso alla gravità delle lesioni traumatologiche. Di contro la ‘Sports Medicine’ insegna il rigore, la capacità di minimizzare al massimo l’errore, apre la mente e stimola la conoscenza del mondo delle tecniche mininvasive e ultramoderne”. Quale progetto a cui ti stai dedicando può avvantaggiarsi dei progressi fatti nell’automazione e nelle tecnologie avanzate? “La mia attività professionale è strettamente connessa a un aggiornamento costante che, tra i vari aspetti, tende ad automatizzare il gesto chirurgico e ad avvalersi di metodiche strumentali sempre più evolute. In particolare mi riferisco alla tecnica artroscopica che consiste nel trattare patologie articolari con metodica mininvasiva in visione diretta tramite una telecamera, fibre ottiche e fonti luminose, e che ha assunto un ruolo ormai cruciale nella nostra professione. Attualmente sto lavorando per estendere il più possibile la possibilità di ‘riduzione artroscopica’ delle fratture articolari, ossia la capacità di ‘ricomporre’ una frattura articolare senza aprire l’articolazione ma di ‘rimettere a posto i frammenti della frattura’ sotto la visione di una telecamera esterna all’articolazione. Questa tecnica innovativa si chiama Arif (Arthroscopic Reduction Internal Fixation)”. Quale obiettivo ti sei postoprofessionalmente per il prossimo futuro? “Sostanzialmente due obiettivi: sviluppare tecniche chirurgiche sempre meno invasive, come la Arif e, come secondo obiettivo, il più importante e gratificante, mantenere il mio ruolo di medico specia- lista in un ospedale pubblico, per la cura di tutti. A questo proposito, sperando di non cadere nella retorica, vorrei sottolineare il ruolo del nostro Sistema Sanitario Nazionale Pubblico, gratuito, spesso tanto bistrattato, ma che ritengo una conquista sociale immensa. Vorrei che tutti, a cominciare da noi medici, non lo dimenticassimo mai”. Quale peso ha la ricerca scientifica nella tua vita? “Fondamentale. Ho cominciato come ricercatore, negli ultimi anni del corso di laurea e nei primi anni da neo medico, studiando i processi attentivi degli atleti e dei pallavolisti in particolare. Poi sono passato a qualcosa di pratico, di tremendamente pratico, come l’Ortopedia e la Traumatologia. Ma mi è rimasta la voglia di ‘innovare’, indirizzando il mio inte- resse verso tecniche automatizzate mininvasive sempre più di precisione”. Ammesso che tu ne abbia, il tuo tempo libero a cosa lo dedichi? “Mi interessano tantissime cose fuori dalla professione. Cercando di circoscrivere il campo, direi la montagna, forse essendo per parte di madre, valtellinese ‘doc’. Mi piace sia quella tradizionale, con lo sci, le ciaspole, i rifugi, lemangiate e le bevute con gli amici, che oggi mi mancanomolto, sia quella un pochino più spinta dalla mia professione, fatta di sci alpinismo, di soccorso in montagna, di elitrasporto per soccorso in parete e in valanga e di traumatologia della montagna”. Hai qualche aneddoto che ti ha colpito e fatto riflettere in questo tempo di pandemia? “Più di uno, ma fra tutti la storia di una bimba di tre anni che in pieno lockdown si è fratturata un dito della mano che ho steccato e bendato con cura. Il giorno dopo mi ha cercato per farmi vedere che sul bendaggio aveva disegnato un cuore rosso e scritto ‘Andrà Tutto bene’. Quanta consapevolezza anche nei bimbi in questo tempo difficile che a loro potrà sembrare rubato. E forse davvero lo è”. Nicola Voglino Dopo aver conseguito la Laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Siena, nel 2003 si è specializzato in Ortopedia e Traumatologia. Nel 2018 ha ottenuto la Certificazione ATLS “Advanced Trauma Life Support” of the American College of Surgeons. Ora è responsabile UO Chirurgia Artroscopica e dirigente medico I livello UO Ortopedia e Traumatologia all’Ospedale Alto Tevere di Città di Castello (Perugia). Dal 2006 è consulente ortopedico delle Squadre Nazionali Di Pesistica – Federazione Italiana Pesistica; dal 2010 è docente del Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia all’Università La Sapienza di Roma; e dal 2018 è Consigliere del Direttivo Regionale OTODI – Umbria. Inoltre è anche Consulente Chirurgo Ortopedico della Multinazionale texana GLG Gerson Lehrman Group Councils. Molti i congressi a cui ha partecipato in qualità di relatore e /o docente. Molti gli studi clinici effettuati e molte le pubblicazioni. Q

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