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MARZO 2020 AUTOMAZIONE OGGI 420 78 AO S P E C I A L E Dal rumore e dalle vibrazioni alle caratteristiche A ogni caratteristica viene assegnato un numero univoco per de- scrivere in un intervallo di tempo (la finestra temporale o blocco) una determinata peculiarità, qualità di rumore o vibrazione. Vediamo i principi usati dalla piattaforma OtoSense per predili- gere una caratteristica: - le caratteristiche devono descrivere l’ambiente nel modo più completo e dettagliato possibile, sia nel dominio della fre- quenza, sia in quello del tempo; devono comprendere ronzii fissi, ticchettii, tintinnii, cigolii e qualsiasi tipo di instabilità tran- sitoria; - le caratteristiche devono costituire un gruppo, nel modo più lineare possibile. Se una caratteristica viene definita ‘ampiezza media del blocco’, non dovrebbe comprenderne un’altra stret- tamente correlata a essa, come per esempio ‘l’energia spettrale totale sul blocco’. Naturalmente la perfetta ortogonalità non viene mai raggiunta, ma in ogni caso nessuna caratteristica deve essere espressa come combinazione delle altre, in quanto ognuna deve conte- nere singole informazioni; - le caratteristiche devono ridurre al minimo il calcolo. Il nostro cervello conosce solo l’addizione, il confronto e l’azzeramento. La maggior parte delle caratteristiche di OtoSense sono state pensate per essere incrementali, in modo tale che ciascun nuovo campione modifichi la caratteristica con una semplice operazione, senza la necessità di ricalcolarla su un intero buf- fer o, peggio, su un blocco. Ridurre al minimo il calcolo significa anche non doversi preoccupare delle unità di misura standard. Per esempio, non vi è ragione di rappresentare l’intensità con un valore espresso in dBA. Qualora sia necessario produrre in uscita un valore in dBA, può essere fatto direttamente al momento dell’uscita stessa. Una parte delle caratteristiche (da 2 a 1.024) della piattaforma OtoSense descrive il dominio nel tempo. Esse vengono estratte sia direttamente dalla forma d’onda, sia dall’evoluzione di qual- siasi altra caratteristica del blocco. Alcune caratteristiche com- prendono l’ampiezza media e massima, la complessità derivata dalla lunghezza lineare della forma d’onda, la variazione di am- piezza, l’esistenza e la caratterizzazione di impulsi, la stabilità come somiglianza tra primo e ultimo buffer, la minima autocor- relazione che evita la convoluzione, o le variazioni dei picchi di spettro principali. Le caratteristiche utilizzate nel dominio della frequenza sono estratte da una FFT che viene calcolata su ogni buffer e produce da 128 a 2.048 singoli contributi di frequenza. Il processo crea quindi un vettore con il numero desiderato di dimensioni, molto più piccolo della FFT, ma comunque in grado di descrivere am- piamente l’ambiente. OtoSense inizia con un metodo agnostico per creare bande di eguale misura nello spettro logaritmico, in seguito, in base ad ambiente ed eventi da identificare, le bande si adattano per concentrarsi su zone dello spettro in cui vi è un’elevata densità di informazioni, sia da una prospettiva non supervisionata, che massimizza l’entropia, sia da una prospettiva semi-controllata, che utilizza eventi etichettati come guida. Ciò imita l’architet- tura delle cellule dell’orecchio interno, che sono più dense dove l’informazione vocale è massima. Architettura: potenza al nodo sul campo e dati in locale Il rilevamento di anomalie e il riconoscimento di eventi con Oto- Sense avviene direttamente nel nodo terminale (edge node), senza il coinvolgimento di alcuna risorsa remota. Questa archi- tettura consente al sistema di non risentire di eventuali proble- matiche di rete ed evita la necessità di trasmettere all’esterno i dati grezzi di tutti i blocchi per l’analisi. Un edge node che esegue OtoSense è un vero e proprio sistema autonomo, che descrive in tempo reale il comportamento del macchinario sul quale effettua l’ascolto. Il server di OtoSense, che esegue i software di intelligenza artifi- ciale (AI) e di interfaccia uomo-macchina (HMI), è generalmente collocato in locale. Un’architettura cloud ha senso per aggregare più flussi di dati significativi, come quelli in uscita dai dispositivi OtoSense. Ha invece meno senso eseguire direttamente in cloud un software di intelligenza artificiale dedicato all’elaborazione di grandi quantità di dati, che deve interagire con centinaia di dispo- sitivi da un singolo punto. Dal riconoscimento delle caratteristiche al rilevamento di anomalie La valutazione di normalità/anormalità non richiede molta intera- zione con i tecnici per essere avviata. Questi devono solo aiutare a stabilire un livello base per i rumori e le vibrazioni della mac- china considerati normali. Prima di essere trasferito nel disposi- tivo terminale, tale livello base viene tradotto in un modello per le anomalie (outlier model) sul server OtoSense. Vengono quindi impiegate due diverse strategie per valutare la normalità di un rumore o vibrazione in arrivo: la prima è la ‘consuetudine’. Ogni nuovo suono che arriva nello spazio delle caratteristiche viene analizzato rispetto al relativo contesto; vengono misurate la di- stanza dai singoli punti (suoni) e dai gruppi di punti (cluster) del li- vello base e la grandezza di tali cluster. Maggiore è la distanza, più piccoli sono i cluster; più il nuovo suono è anomalo, maggiore è il relativo punteggio in termini di anomalia. Quando il punteggio supera la soglia definita dai tecnici, il blocco corrispondente viene etichettato come ‘insolito’ e inviato al server per essere messo a loro disposizione. La seconda strategia è molto semplice: qualsi- asi blocco in arrivo con un valore di caratteristica superiore o infe- riore al massimo o al minimo delle caratteristiche che definiscono la linea base, viene etichettato come ‘estremo’ e inviato al server. Il sistema OtoSense

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