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GENNAIO-FEBBRAIO 2020 AUTOMAZIONE OGGI 419 33 ando lavoro e competenze sempre più specifiche? A questo ci pensano gli in- cubatori di impresa, che sostengono gli sforzi iniziali delle start-up e le accompa- gnano nella loro crescita, fornendo loro strumenti utili a sviluppare un business efficace. Un incubatore è di fatto il luogo, fisico o virtuale, in cui una nuova impresa può trasformarsi da semplice idea in effettiva realtà produttiva. Secondo la definizione della Commissione Europea, “un incuba- tore d’impresa è un’organizzazione che accelera e rende sistematico il processo di creazione di nuove imprese”. E le nuove imprese dette appunto start-up di ogni settore possono trarne vantaggi considerevoli, a volte essenziali per resi- stere agli urti del mercato competitivo e al peso degli investimenti e degli sforzi iniziali. I modi e gli strumenti che l’incubatore può adottare per sostenere una start- up sono molteplici, e vanno dal fornire ai nuovi imprenditori una sede fisica al garantire loro finanziamenti a fondo per- duto, all’inserirli in una rete socio-eco- nomica e imprenditoriale fertile e attiva, fino al mettere a loro disposizione utili contatti e preziose consulenze. Il tempo per il quale si può ‘vivere’ all’interno di un incubatore è però in genere limitato, e difficilmente supera i 36 mesi. Ma l’incubatore non è il solo strumento di cui può avvantaggiarsi questo nuovo genere di imprese. Ad affiancarlo ci sono i cosiddetti ‘acceleratori’. Come suggeri- sce il termine, l’acceleratore è invece un programma volto specificamente a velocizzare lo sviluppo di start-up e di imprese early-stage. È uno spazio fisico, ma ne esistono anche online, nel quale si offre supporto imprenditoriale at- traverso l’erogazione di tutta una serie di servizi. La differenza tra incubatore e acceleratore è che il primo fornisce essenzialmente uno spazio fisico in cui lavorare e dà accesso a un limitato nu- mero di servizi, come sale conferenze, connessione Internet e opportunità di networking. L’acceleratore invece offre, gratuitamente o a pagamento, servizi professionali di consulenza strategica che vanno dalla definizione del modello di business alla costituzione del team, dalla racconta fondi alla gestione di eventuali pivot, fino al lancio del pro- dotto sul mercato. Il programma di ac- celerazione ha una durata media che va dai 6 mesi a un anno. Anche qui, in ogni caso, la mission è risolvere tutte le difficoltà organizzative, operative e stra- tegiche nelle quali può incorrere una neo-impresa. Ma di che numeri parliamo, quando ci riferiamo a queste start-up? Quante sono in Italia? Una fotografia abbastanza impressionante ci arriva dalla quarta edizione di StartupItalia Open Summit 2019 che ha visto la presenza di più di 1.000 start-up “eccellenze italiane che rappresentano il tessuto imprendito- riale più vivace; simbolo di un Paese che è in grado di creare nuovi modelli di bu- siness e nuovi posti di lavoro, e che sa intercettare le sfide e le opportunità che ci riserva il futuro” come sostiene David Casalini, founder di StartupItalia Un mercato in crescita esponenziale Stando alle proiezioni degli esperti di settore, gli investimenti delle grandi imprese italiane per l’innovazione, che registrano il segno più per il quarto anno consecutivo, continueranno a crescere. E la rete delle giovani start-up italiane attrae attenzioni e investimenti anche dall’estero. Secondo l’Agi, il 2018 ha registrato investimenti quasi quin- tuplicati rispetto a due anni prima. Nel corso del 2018 sono stati investiti circa 560 milioni nelle start-up italiane do- vuti principalmente al nuovo apporto di fondi di venture capital: alcuni dei quali hanno raggiunto cifre considerevoli per l’ingresso nel capitale di rischio delle start-up di diversi fondi esteri, americani, spagnoli e tedeschi. Il record del finanziamento più alto appartiene a Prima Assicurazioni, start- up fondata nel 2015 a Milano, che ha ottenuto 100 milioni di euro dai fondi di Goldman Sachs Private Capital In- vesting e Blackstone Group Tactical Opportunities. La società, che vende assicurazioni online sfruttando propri algoritmi di intelligenza artificiale, regi- strava a metà 2018 un capitale sociale di 100.000 euro e ha chiuso l’anno con il più grande round di venture capital su una società tech in Italia. A seguire, una manciata di investimenti a doppia cifra, che hanno privilegiato ancora una volta il fintech: Moneyfarm, startup fondata in Italia ma con una sede a Londra, ha ricevuto 46 milioni di euro, mentre Sati- spay ha chiuso in autunno un aumento di capitale da 15 milioni di euro, che ha portato la raccolta complessiva a 42 mi- lioni, con una valutazione post money di 115 milioni. Sopra i 10 milioni anche le operazioni dell’e-commerce di Super- mercato24, le auto online di BrumBrum e la microelettronica di Seco, la media company al femminile di Freeda. Per quanto riguarda l’immediato futuro, si guarda ora con trepidazione a quanto potrà venire dalle nuove misure previste nella manovra economica di Governo. Foto tratta da pixabay.com
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