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SETTEMBRE 2017 AUTOMAZIONE OGGI 408 15 AO IL PUNTO 9 I I 16 orreva l’anno 2000 quando, studente in visita presso una rinomata università cali- forniana, mi trovai ad ascoltare un semina- rio dal titolo ‘ Automatic Control: the hidden technology ’. L’oratore, Karl Astrom, era un personaggio eccellente: una brillante carriera accademica, tre brevetti (uno dei quali, di enorme successo, per il tuning automatico dei controllori PID), membro dell’Accademia Reale svedese delle scienze (l’organo che assegna i premi Nobel per la fisica, la chimica e l’economia)... Insomma, abbastanza per impressionarmi! Nono- stante le premesse, difficilmente avrei po- tuto immaginare che l’argomento di quel seminario avrebbe continuato a persegui- tarmi fino a oggi, a quasi venti anni di di- stanza (e, temo, ancora per diversi anni a venire). Il punto centrale della presentazione consi- steva nel sottolineare come, a fronte degli enormi successi dell’automazione, essa ri- manesse tuttavia sostanzialmente ignota ai non addetti ai lavori. Il ruolo chiave dei controlli automatici come ‘tecnologia abi- litante’ era descritto attraverso due esempi classici: il primo volo dei fratelli Wright, con il famoso commento “ Sappiamo costruire aeroplani, sappiamo costruire motori... L’in- capacità di stabilizzare emanovrare è ciò che ancora blocca gli studiosi del volo. Risolto questo problema, l’era del volo sarà arrivata, perché le altre difficoltà sono trascurabili ”; la comunicazione su lunghe distanze, con l’invenzione dell’amplificatore a contro- reazione di Black e il successivo lavoro di Nyquist e Bode. D’altro canto, la natura di ‘tecnologia nascosta’ dei controlli automatici veniva legata a due fattori: da un lato, al fatto che, finché le cose funzionano bene, difficil- mente ci accorgiamo che c’è un automatismo che le governa; dall’altro, che trasmettere idee molto generali, per esempio che il feedback può stabilizzare un processo instabile, è di solito più difficile che mostrare specifiche applicazioni, come il pilota automatico di un aereo, il pancreas artificiale che regola la glicemia nei pazienti diabetici…Purtroppo però le applicazioni portano a vedere la specificità del dominio considerato, piuttosto che la gene- ralità dei principi coinvolti, che sono l’anima di una teoria interdisciplinare come i controlli automatici. Il risultato finale, allora, era che, se discipline ‘classiche’ come l’ingegneria civile, meccanica, elettronica avevano una connotazione chiara e una sufficiente attenzione da parte dell’opinione pubblica, lo stesso non poteva dirsi dei controlli automatici e dell’au- tomazione, per loro natura trasversali alle singole discipline e, paradossalmente, proprio per questo tanto più interessanti e potenzialmente dirompenti nelle diverse applicazioni. A vent’anni di distanza viene da chiedersi se qualcosa sia cambiato. Di sicuro, lo è il panorama intorno a noi, che ci ha resi più che mai dipendenti dall’auto- mazione e dalla robotica. In varie forme i robot sono entrati nelle case, i sistemi domotici ci assistono nella vita quotidiana, quindi da un certo punto di vista è cresciuta la consape- volezza dell’esistenza e dell’importanza di tali sistemi. Al contempo, però, la quantità di servizi per i quali, inconsapevolmente, dipendiamo in maniera cruciale dall’automazione è cresciuta molto di più e con le attuali prospettive di crescita della popolazione mondiale e di concentrazione della stessa in megalopoli, l’unica via per la sostenibilità del pianeta passa necessariamente per livelli di automazione molto superiori a quelli che abbiamo visto sinora. A vent’anni di distanza insegno in un corso di laurea triennale di ingegneria informatica e coordino un corso di laurea magistrale in ingegneria dell’automazione (ce ne sono solo 14 in tutta Italia). Dal mio punto di osservazione, vedo due dati molto preoccupanti. Il primo, che i miei studenti triennali arrivano mediamente con qualche idea di cosa siano l’informatica, l’elettronica, la meccanica, ma nessuna idea su cosa sia l’automazione. Il se- condo, che gli immatricolati al corso di laurea magistrale in automazione sono molti di meno degli immatricolati ad altri corsi di laurea, e di gran lunga meno dei laureati che le aziende richiedono. E tutto ciò a dispetto dei dati sull’occupazione e sugli stipendi di ingresso, che premiano l’ingegneria dell’automazione con livelli ben più alti rispetto ad altri tipi di ingegneria che restano tuttavia evidentemente più ‘attraenti’ per le matricole. Come interpretare tali dati? Credo che vi sia una vera e propria ‘battaglia culturale’ da portare avanti per far emergere la consapevolezza diffusa della necessità e dell’importanza dell’automazione per la sostenibi- lità della nostra società. Ed è fondamentale che tale opera di ‘coscientizzazione’ sia portata avanti non solo a livello accademico, bensì da tutte le realtà produttive, che non potreb- bero esistere senza l’automazione. Se l’automazione continuerà a essere una ‘tecnologia nascosta’, allora corriamo il rischio di avere gli strumenti per affrontare le sfide del domani, ma non chi sia in grado di applicarli. Ecco perché, a vent’anni di distanza, il seminario di Astrom continua a comparirmi sempre nella memoria, come l’ombra di Banco a Macbeth! C Automazione: la ‘tecnologia nascosta’ Sergio Galeani Comitato Tecnico Automazione Oggi e Fieldbus&Networks
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