AO_412

Acqua e condizioni a una contrattazione successiva in cui entrano in gioco altri fattori, giochi di forza tra enti locali e gestori con dinamiche caratterizzate da conflitti di interesse e dalla confusione di ruoli tra pubblico e privato, con una gestione ‘in house’ degli affidamenti. Ciò si traduce alla fine in gare non più effettivamente competitive, inficiando le ricadute in termini di maggiore efficienza e miglioramento del servizio attese da un modello di libera concorrenza di mercato. L’acqua in Italia e nel mondo In Italia oggi il servizio idrico è per la più parte garantito da quattro principali gestori quotati in borsa, Acea, Hera, Iren e a2a, che insieme servono 15 milioni di persone. La maggio- ranza di questi gestori è detenuta da enti locali: Acea è il più grande operatore italiano, con 8,5 milioni di abitanti serviti (tra Roma, Frosinone e altre aree di Lazio, Toscana, Umbria e Campania), e il Comune di Roma vi figura come socio al 51% delle azioni. Al secondo posto vi è quindi Acquedotto Pugliese, azienda interamente pubblica che serve il 7% della popolazione. Al terzo troviamo Hera, che copre il 6,1% della popolazione nazionale, principalmente tra Emilia Romagna, Marche, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, avendo come prin- cipali azionisti i comuni di Bologna, Imola, Modena, Raven- na, Trieste e Padova. Al quarto posto è Iren, con il 3,8% e di proprietà al 49% dei comuni di Torino, Genova, Reggio Emilia, Parma e Piacenza. La più piccola è a2a, di maggio- ranza dei comuni di Brescia e Milano, ma che è impegnata in una massiccia campagna di acquisizioni di altre aziende nel settore, così come di fatto accade per le altre, portando a un processo di concentrazione del mercato in corso. Diversi sono infine i modelli oggi adottati nel mondo: in Germania le reti idriche sono di proprietà pubblica, e la loro gestione è divisa tra comuni e società pri- vate e miste. A Berlino dal 1999 opera ad esempio la Berliner Wasserbetrie- be, consorzio partecipa- to al 49,9% dal gruppo francese Veolia e dal- la multiutility tedesca RWE. Nel bacino della Ruhr e nella Bassa Sasso- un bene peculiare, come è l’acqua, discendo- no rendite sia di tipo patrimoniale ed econo- mico sia politico, in virtù del carattere sociale del bene. Alla gestione dell’acqua sono difatti da sempre intimamente legate anche la gestio- ne e il controllo del territorio. Inoltre, gli enti locali all’interno delle partecipate che oggi gestiscono i servizi idrici si trovano ad agire in un quadro sfumato di oneri e interessi: in- nanzitutto come stakeholder, poiché in quanto enti locali sono rappresentanti degli interes- si dei cittadini e devono controllare l’operato delle imprese. Come azionisti di maggioranza del soggetto controllato sono però al contem- po anche shareholder, e quindi interessati alla produzione di valore derivata dall’erogazione dei servizi idrici. Inoltre, le amministrazioni non vogliono essere estromesse dal controllo della rendita politica che comunque proviene dalla filiera dei servizi collegati all’acqua, proprio in ragione della sua natura di bene comune. Le due sfere, rendita politica e di controllo e pro- fitto economico, sembrano pertanto difficili da separare, portando inevitabilmente una forte confusione tra interesse pubblico e privato dif- ficile da dirimere. Ambiguità e commistione di principi etico-sociali e di interessi economici sembrano quindi aver minato anche la traspa- renza del meccanismo degli affidamenti, facen- do venir meno i vantaggi associati alle regole di razionalità del mercato ispirate alla scelta del gestore più efficiente. Gli affidamenti hanno in- fatti innanzitutto per loro natura tempi molto lunghi, e spesso sono oggetto di rinegoziazione ex post, lasciando la determinazione di termini 122 Efficiency & Environment - Marzo 2019

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