AO_412
121 Efficiency & Environment - Marzo 2019 Acqua Acqua e normative in Italia In Italia, la possibilità di appaltare la gestione dei servizi idrici a società pubbliche o private è stata introdotta dalla Legge Galli nel 1994, con obbligo che la presenza di soggetti privati resti al di sotto del 50% e con vincolo di copertura dei co- sti mediante le tariffe. Con la legge venne in concomitanza introdotto il fondamentale concetto di salvaguardia dell’ac- qua, in quanto risorsa pubblica da gestire con riguardo alle generazioni future. In precedenza, la Legge Merli del 1976 aveva già affidato la gestione del servizio alle Province al- lora appena costituite, con il compito di provvedere a piani di risanamento finanziando fognature e infrastrutture di de- purazione. Con la legge Galli, nel 1994 vennero inoltre costi- tuite le ATO (Ambito territoriale ottimale), organi di tutela e di controllo definiti dalle Regioni in cui è diviso il territorio nazionale. Le leggi regionali negli anni a seguire hanno re- golato il funzionamento delle singole ATO, delle concessioni e della composizione delle tariffe. Nel 2009, la Legge Ronchi ha quindi introdotto il concetto di Contendibilità del servizio, per cui l’acqua resta un bene comune tutelato dallo Stato, ma la cui gestione è in capo ai Comuni (aziende municipalizzate, consorzi tra comuni, società miste pubblico private o società esclusivamente private) secondo il sistema delle gare pub- bliche europee. L’affidamento a privati è stato quindi abro- gato dal referendum del 2011, in cui il sì a favore dell’acqua pubblica ha vinto con il 96% dei consensi, optando per una gestione del patrimonio idrico sottratto alle regole di mer- cato (principio ribadito anche dal DDL Daga del 2016). Al re- ferendum è però seguito un periodo di incertezza normati- va, senza contare il contrasto con le indicazioni dell’Unione Europea che chiede che gli affidamenti avvengano sempre mediante meccanismo di gara, mirato a minimizzare i co- sti massimizzando l’efficienza garantita dal migliore gestore, senza esprimere preferenze tra soggetti pubblici o privati. Il Consiglio di Stato ha quindi respinto i successivi ricorsi del Codacons, in base al principio che il servizio idrico ha di fat- to una innegabile e ineludibile rilevanza economica, e che di conseguenza gli interessi sul capitale investito devono in qualche modo essere ripagati. Rendite politiche ed economiche Il sistema di gestione mediante affidamento con il coinvol- gimento di soggetti privati sembra però aver dato origine a una serie di ambiti d’indeterminazione e ambiguità no- tevoli. Occorre innanzitutto osservare che dalla gestione di menti per rinnovare il servizio, mentre si stima che per il rinnovamento della rete servirebbero circa 5 miliardi l’anno. Efficienza e privatizzazione In tale cornice, i sostenitori della privatizzazio- ne vedono in questa un sinonimo di migliore efficienza nella gestione della rete con minore dispersione di risorse, in virtù del finanziamen- to privato delle infrastrutture e della gestione dei servizi, superando peraltro la mancanza di fondi, le lentezze del sistema e la difficoltà a far rispettare i tempi di costruzione solitamente associati alla pubblica amministrazione. Una gestione privata del servizio idrico sarebbe inoltre improntata alle logiche del mercato e della libera concorrenza, che dovrebbero teo- ricamente spingere verso una sempre migliore gestione e una sempre maggiore efficienza del servizio. Un soggetto privato dovrebbe inoltre essere in grado di portare maggiori conoscenze tecniche e innovazione all’in- terno nel settore, acquisite ope- rando sul mercato, oltre a esse- re maggiormente incentivato a garantire una migliore qualità dell’acqua nel rispetto di stan- dard ambientali e sanitari. Di contro, sembra però che in Ita- lia la privatizzazione nelle sue diverse declinazioni non abbia ad oggi portato i miglioramenti che ci si aspettava, in direzione di una maggiore efficienza o di un aumento degli investimenti, portando inve- ce solo a un aumento delle tariffe. Tariffe che peraltro nel nostro Paese sono tra le più bas- se in Europa: sempre secondo dati Utilitalia, il costo di 1 metro cubo di acqua a Berlino è di 6,03 dollari, a Parigi l’acqua costa 3,91 dollari al metro cubo, contro gli 1,35 di Roma. In op- posizione, i sostenitori della gestione pubbli- ca del servizio idrico chiedono che l’acqua, in quanto bene sociale e inalienabile, sia sottratta alle logiche di profitto del mercato e della di- stribuzione di utili agli azionisti, che sarebbero così indebitamente generati dalla gestione di un bene inalienabile. Un’azienda privata che persegue l’utile sarebbe inoltre interessata a massimizzare il profitto e i consumi, senza te- nere conto dell’ottimo sociale e ambientale e in direzione opposta al consumo sostenibile senza sprechi. Nella gestione privata vi sareb- be insomma una difficoltà nel far rispettare il principio democratico di accesso all’acqua per tutti, ivi inclusi soggetti più deboli che hanno difficoltà a pagare il servizio, o nel garantire che un privato investa in maniera adeguata an- che in aree meno interessanti e remunerative o dove garantire il servizio è più oneroso. Foto fonte freerangestock.com
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