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MAGGIO 2018 AUTOMAZIONE OGGI 406 158 TECH BOYS AND GIRLS AO Lucilla La Puma a segreteria del suo cellulare parla francese, così quando mi richiama, incuriosita, per prima cosa gli chiedo dove si trovi esattamente. Pier Francesco Fazzini vive a Tolosa da più di dieci anni e oggi lavora come professore associato all’Insa, la scuola di ingegneria più importante d’Europa per l’indotto industriale. “Sono al dipartimento di Fisica” mi dice, e fatichiamo un po’ a intenderci sul termine ‘scuola’ di ingegneria e ‘università’ nelle loro diverse accezioni. In Francia infatti la scuola di ingegneria si differenzia dall’università perché ha un numero chiuso e prevede un esame di ammissione. È quindi molto più selettiva. Pier Francesco Fazzini ammette con ironia che ha qualche difficoltà a ricercare termini italiani, e declina spesso, involontariamente, delle frasi in francese. Ma alla ‘scuola’ si fa ricerca? “Certamente sì. Qui funziona esattamente come l’università. Lavoro sia a progetti di ricerca sia come professore. Con dedizione per entrambi”. Ma facciamo assieme un passo indietro. Pier Francesco nasce ad Ancona nel ’76, trascorre gli anni dell’università a Bologna e dopo la laurea in Fisica nel 2000 inizia subito il dottorato in ‘Fisica dei materiali’, che termina con puntualità nel 2004. “Mi occupavo di microscopia elettronica in trasmissione applicata ai materiali. È stata sempre la mia passione”. E poi? “Sono rimasto a Bologna per un altro anno e poi mi sono trasferito a Tolosa. Grazie a una collega che all’epoca lavorava al Cemes di Tolosa, venni a sapere che c’era una posizione aperta per il post dottorato. Mi offrivano tre anni, rinnovabili di anno in anno. Accettai con entusiasmo. Lì ho continuato a occuparmi di microscopia, ma in quel caso applicata alla microelettronica. Si tratta, in altri termini, della miniaturizzazione dei dispositivi. C’è un continuo bisogno di ridurre lo spazio d’alloggiamento dei vari micro-componenti, permigliorarne così sia le caratteristiche sia la potenza”. A cosa serve la microscopia elettronica? “Ad assicurare la qualità nelle diverse tappe di fabbricazione. Per verificare che sia tutto a posto occorre fare verifiche su scale infinitesimali, individuando eventuali ‘imperfezioni atomiche’. La maggior parte dell’elettronica si basa sul silicio, che da solo non è un conduttore. Diventa conduttore attraverso i ‘dopanti’, cioè atomi che vengono inseriti per impiantazione ionica. Questo procedimento però non è perfetto, e può dar luogo ad anomalie. Il mio contributo alla ricerca consisteva nell’osservare e studiare i difetti d’impianto, simulandone il comportamento. I modelli sviluppati da questa ricerca sono stati poi integrati da una delle aziende che partecipava al progetto per migliorare uno dei loro software di simulazione, oggi utilizzato per la creazione di dispositivi elettronici”. Ma andiamo per gradi. Pier Francesco al Cemes è rimasto fino al 2011, quando, essendosi liberata una posizione di professore associato all’Insa, decide di partecipare al concorso, che vince. Ad oggi sono quasi sette anni che lavora al Dipartimento di Fisica, ma senza mai ab- bandonare l’interesse per la microscopia. In questo caso, applicata alle nanotecnologie. “Il laboratorio in cui lavoro in questo momento è composto da diversi gruppi di chimici e di fisici. I chimici creano le nanoparticelle, i fisici le caratterizzano, dotandole degli opportuni attributi. Uno dei progetti su cui sto lavorando consiste nell’impiego di energie temporanee, come le rinnovabili, per attivare dei processi di catalisi chimica, ad esempio per la produzione di idrocarburi. Tutto questo nell’ottica dello stoccaggio dell’energia. Gli idrocarburi non rappresentano la scelta più ecologica, ma rispondono direttamente ai bisogni attuali e per il mo- mento hanno un rendimento superiore a quello di tecniche più ‘pulite’, come le cellule a idrogeno. Le società petrolifere francesi investono molto in questo settore, e al Dipartimento di Fisica lavoriamo su questa tematica grazie a un progetto europeo avviato nel 2017, chiamato ERC Monacat, della durata di cinque anni”. Qual è una sua ambizione nella ricerca? “Per quello che mi riguarda, vivo la ricerca pensando al quotidiano. Passo dopo passo, lavoro sui problemi concreti che devo risolvere per avanzare nei diversi progetti a cui collaboro con i miei colleghi. In microscopia elettronica, per esempio, si sono raggiunti traguardi importanti, ma i limiti sono ancora tanti: dalla strumentazione ai modelli di interpretazione. Ci sono però anche enormi prospettive”. Pensa mai all’Italia? “Onestamente, no. Ho costruito il mio lavoro e la mia famiglia qui. Ho una moglie francese e due figlie meravigliose. Sono felice. E con un po’ di sforzo, in Francia si trovano anche delle buone mozzarelle”. L Pier Francesco Fazzini Attualmente professore associato al Dipartimento di Fisica dell’Insa di Tolosa, si è laureato in Fisica all’Università degli Studi di Bologna nel 2000. Le sue attività di ricerca riguardano lo sviluppo e l’utilizzo di tecniche avanzate di micro- scopia elettronica in trasmissione per la caratterizzazione di nanoparticelle e nanodispositivi. Si interessa in particolare allo sviluppo di tecniche sperimentali di microscopia elettronica e di modelli fisici per l’interpretazione dei risultati sperimentali. Ha partecipato a diversi progetti europei ed è autore di più di 80 pubblicazioni internazionali.
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