Senza il public cloud, non saremmo in grado di affrontare la pandemia così come stiamo facendo. I data center on-premise non sono mai stati così veloci, e nemmeno il capacity planning più lungimirante al mondo avrebbe potuto prevedere il consumo di risorse che dobbiamo affrontare oggi. I notiziari che coprono le epidemie non sarebbero stati in grado di far fronte a un intero pianeta che aggiorna costantemente la home page nella speranza di leggere buone notizie. Gli ospedali e le strutture di ricerca che pubblicano analisi ricche di statistiche sulla diffusione dei virus non sarebbero stati in grado di acquisire gli enormi set di dati di cui dispongono con la stessa velocità. Le piattaforme di videoconferenza e di streaming non sarebbero state in grado di sostenere, in modo finora eccezionale, l’enorme quantità di forza lavoro umana costretta improvvisamente a lavorare da casa.
Ma cos’è in realtà il public cloud? Una quantità inedita, sorprendente, disciplinata, metodica, pervasiva di automazione, assieme a poche altre cose altrettanto critiche.
L’automazione non ci permette solo di far fronte all’urgenza e alla portata della domanda, nel public cloud e all’interno dei nostri data center. L’automazione sta aiutando le organizzazioni di tutto il mondo a passare a un modello di produttività basato sul lavoro in remoto. Senza automazione, i team di sicurezza avrebbero difficoltà a installare client VPN su milioni di laptop, tablet e smartphone in tutto il mondo.
L’automazione non riguarda solo il mondo digitale. Quegli oggetti fisici riceviamo tramite Amazon e i retailer più avanzati mentre siamo in autoisolamento? Senza i magazzini e i centri di distribuzione semiautomatizzati, nessun fornitore al mondo sarebbe in grado di consegnare i pacchi alla velocità con cui li riceviamo dopo settimane di isolamento.
Quando c’è necessità di scalare rapidamente, come con il bisogno di far fronte all’epidemia COVID-19, l’automazione può essere d’aiuto. Quindi, cosa può fare un’organizzazione per automatizzare ora, di più e più velocemente?
1. Concentrarsi su molti piccoli progetti piuttosto che su un unico grande processo.
La situazione attuale richiede un ritorno sull’investimento più rapido che mai. E non è possibile realizzare un ritorno sull’investimento molto rapidamente se ci si concentra su un unico grande processo con molti sottoprocessi complessi che non sono mai stati standardizzati o automatizzati prima. È uno spreco di risorse, e ho visto questo approccio fallire molte volte nella mia carriera. Piuttosto, automatizzare il maggior numero possibile di piccoli progetti. Aggregati, questi rappresentano un notevole sovraccarico per l’azienda e una distrazione dai progetti più grandi.
Più piccoli progetti si automatizzano, più si acquisisce esperienza e fiducia nella soluzione di automazione scelta. Allo stesso tempo, si costruisce una base di processi automatizzati che possono diventare elementi costitutivi di progetti di automazione più complessi.
2. Esaminare ciò che altri hanno automatizzato.
Se si parte da una conoscenza limitata, le esperienze di chi opera nello stesso settore possono rivelarsi preziose. Esistono marketplace online per l’automazione (Ansible Galaxy è un esempio, ma ce ne sono altri, a seconda della piattaforma di automazione di riferimento), ed è possibile studiare quali compiti le persone automatizzano di più e come. E’ importante anche valutare quanto sia applicabile allo specifico ambiente IT e quanto si dovrebbe invece cambiare per adattare il flusso di lavoro dell’automazione ad esso.
3. Trattare l’automazione come un software.
Alcune soluzioni di automazione (come Ansible) adottano un linguaggio in cui scrittura, comprensione e troubleshooting sono molto più facili rispetto al codice di sviluppo vero e proprio. Più è facile da capire, più le persone potranno utilizzarlo nei rispettivi settori di competenza, e più veloce sarà il ritorno dell’investimento.
Eppure, per quanto facile da capire, un linguaggio di automazione rimane soggetto all’errore umano. Si tratta di un rischio che si può mitigare applicando alcune delle migliori pratiche nello sviluppo del software, iniziando a pensare a revisioni automatiche del workflow del flusso di lavoro dell’automazione o controllo delle versioni. Più l’ambiente è automatizzato e più l’ambiente è critico, più solido e affidabile dovrebbe essere il processo di sviluppo.
4. Pensare fuori dagli schemi.
L’automazione IT è solitamente associata al provisioning e alla configurazione dei server in un data center. Se le soluzioni di automazione esistenti eccellono in questi compiti, alcune di esse sono andate ben oltre i confini delle operation IT e stanno diventando strumenti inestimabili per le operazioni di rete, gli analisti di sicurezza e le operazioni di sicurezza.
L’automazione infatti può aiutare a configurare i dispositivi hardware di rete con la stessa velocità con cui vengono distribuiti, può aiutare a implementare nuove soluzioni di sicurezza dove è necessaria una protezione aggiuntiva, e può infine aiutare a velocizzare il triage degli attacchi alla sicurezza, poiché sono sempre più numerosi i criminali che cercano di sfruttare l’aumento esponenziale di persone e organizzazioni che vanno online.
In questo periodo di sfide senza precedenti, le comunità open source di tutto il mondo stanno aiutando a combattere il COVID-19 in molti modi: prospettando e pianificando i carichi di lavoro ospedalieri, ideando protezioni mediche, producendo ventilatori in stampa 3D, fino a costruire laboratori di analisi completi ad alta produttività in grado di analizzare fino a 10.000 test al giorno.
Anche le comunità open source realizzano un’automazione di livello eccezionale. Ansible, ad esempio, è completamente open source ed è uno dei 10 progetti più importanti di GitHub, in una comunità che ne conta oltre 100 milioni.
Si tratta di un’enorme comunità, che può sicuramente giocare un ruolo importante quando si prende in esame il passaggio all’automazione.
di Alessandro Perilli, GM Management Strategy di Red Hat