Un collettivo internazionale di hacker ha attaccato l’azienda di videosorveglianza californiana Verkada, ottenendo l’accesso agli archivi e ai feed di oltre 150mila telecamere di sicurezza poste all’interno di aziende, ospedali, prigioni, scuole e distretti di polizia. Tra le imprese coinvolte anche la società di content delivery network e provider di servizi di hosting Cloudflare e Tesla.
Tra le informazioni sottratte a Verkada vi sono l’elenco completo dei loro clienti e i dati delle persone identificate dai sistemi di riconoscimento facciale installati in alcune camere. Verkada ha definito l’attacco informatico come “poco sofisticato”. Gli hacker sono riusciti a violare la sicurezza della compagnia con l’utilizzo delle credenziali di un “super admin”, cioè un singolo account con accesso illimitato. Il gruppo di hacker non sembra essere a caccia di soldi, sembrerebbe più cyber attivismo o, un attacco con un obiettivo nascosto.
“Mentre la vera motivazione del gruppo rimane nascosta, sembra attivismo informatico – una violazione che mira a esporre lo scarso stato di sicurezza delle telecamere a circuito chiuso. Tuttavia, tenete a mente che questi dispositivi compromessi potrebbero anche essere utilizzati per installare malware e avviare attacchi DDoS, così come per infiltrarsi nelle reti collegate a scopo di trarre profitti”, commenta Candid Wüest, Vicepresident Cyber Protection Research di Acronis, azienda leader nella Cyber Protection.
“È molto probabile che questo attacco diffonderà ulteriormente la paura di uno stato di monitoraggio in cui la privacy dell’individuo è persa; senza dubbio, sarà la più grande preoccupazione per la privacy del nuovo decennio”, prosegue. “Purtroppo, le telecamere a circuito chiuso vengono attaccate con successo da anni ormai. I motori di ricerca, come Shodan, mostrano milioni di telecamere a circuito chiuso non protette esposte a Internet in tutto il mondo. Per esempio, due anni fa le telecamere Ring erano un bersaglio enorme. Non sono quindi sorpreso che sia successo, gli incidenti di accesso non autorizzato sono un problema da anni, ma è triste vedere che la consapevolezza è ancora bassa. Molto spesso questi incidenti accadono a causa di una cattiva configurazione o di password di default deboli che permettono ai cyber criminali di accedere al sistema – come in questo caso – ma ci sono molti sistemi vulnerabili che causano anche questo”, continua Wüest.
La soluzione per le aziende? “Devono rendere sicura la configurazione, limitare l’accesso allo stretto necessario, rimuovere gli account di default e usare password forti. Devono anche fare aggiornamenti frequenti, monitorare i log di accesso e separare i dispositivi dal resto della rete quando possibile. Per quanto riguarda le strutture di servizio pubblico, come i dipartimenti di polizia, il governo locale potrebbe proibire loro di utilizzare soluzioni basate sul cloud per tali scopi”, conclude Wüest.