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Alla normativa ci pensa la Open Cloud FoundationERT

Il settore del Cloud impone una velocità di innovazione e industrializzazione finora inedita, che contribuisce alla diffusione dei servizi IT in tutti i settori. Presto il modello “as a service” si applicherà a quasi tutte le tipologie di attività: dall’infrastruttura ai servizi, passando per le piattaforme e i livelli funzionali e cognitivi. Molti degli utenti IT tradizionali potranno così utilizzare servizi a forte valore aggiunto sempre più esternalizzati e industrializzati e usufruire allo stesso tempo di maggiore adattabilità e scalabilità. 

Buona parte di dati, algoritmi, servizi e infrastrutture di queste aziende sono o saranno ospitati presso i Cloud provider, aprendo così il dibattito sulla proprietà, e controllo, segreto industriale e vantaggi competitivi (algoritmi). Questi aspetti sono determinanti per prevenire l’inevitabile “effetto silo”. Parallelamente, si assiste al consolidamento dei Cloud provider e all’emergere di grandi gruppi con il potere di creare norme de facto che limitano la fluidità del mercato e la semplicità di utilizzo. Tuttavia, i consumatori devono essere in grado di elaborare le proprie strategie combinando le soluzioni offerte dai vari provider e integrando i diversi servizi a quelli già implementati internamente nelle proprie strutture.

Per garantire la crescita continua delle imprese è fondamentale che il Cloud resti aperto. Permettere ai clienti di cambiare provider e offrire loro accesso alle funzionalità dei modelli Cloud (IaaS/PaaS/SaaS e livelli cognitivi), significa consentire anche agli attori emergenti di dare impulso all’innovazione, alla stregua dei grandi gruppi già affermati. Un Cloud aperto è vantaggioso per tutti.

La regolamentazione può rappresentare una risposta a queste domande, ma la sua distanza da questo settore, la lentezza delle procedure e il rischio di una legislazione inappropriata e persino contraddittoria su scala mondiale sono troppo elevati.

In un contesto basato per quanto possibile sulle norme già esistenti e che potrebbe evolvere più rapidamente della tecnologia stessa, è di cruciale importanza che il settore del Cloud e i suoi principali attori collaborino alla redazione di direttive che permettano una gestione pratica della problematica. Il gruppo di lavoro dovrà infatti identificare le norme mancanti e lavorare per colmare le lacune. Queste direttive saranno applicate a livello globale e a loro volta dovranno adattarsi alla legislazione locale come la “portabilità dei dati” nel regolamento sulla libera circolazione dei dati recentemente proposto dalla Commissione Europea.

La Open Cloud Foundation ha annunciato la volontà di fornire un quadro che garantisca l’apertura del Cloud a seguito di una tavola rotonda che riunisce provider, clienti, organismi di ricerca e regolamentazione. A questo scopo verrà creato un osservatorio delle pratiche settoriali e tutti i mezzi disponibili saranno utilizzati per aiutare gli attori Cloud a impegnarsi in questa direzione tramite un approccio collaborativo. Ciascun membro dovrà sostenere gli obiettivi generali della Open Cloud Foundation e prendere parte ad almeno uno dei gruppi di lavoro. La Open Cloud Foundation dovrebbe essere registrata ufficialmente e iniziare a operare nel primo trimestre 2018.

Il primo incontro preparatorio si terrà a Parigi a dicembre 2017. Chi non potrà presenziare avrà la possibilità di partecipare da remoto.

L’annuncio di oggi è una chiamata rivolta agli attori che vogliono unirsi ai player che hanno già manifestato il proprio interesse all’iniziativa: Acronis, Aruba, Auchan Retail, BCG, Cispe, Citc EuraRfid, GoDaddy, Ict4v, Ikoula, Inria, ISPConnect, i2Coalition, Kamet (Axa), La Poste Colissimo, Linkbynet, NetApp, OpenStack Foundation, Ormuco, OVH, Plesk, SolidHost, Sourcia, UKCloud.