Cosa c’entrano lo spettacolo, la musica, la filosofia o la medicina con SPS Italia?
C’entrano perché la tecnologia è pervasiva, si infiltra in tutti i meandri della vita, invade spazi e trasforma aprendo nuove, inaspettate opportunità. Questo ci hanno insegnato le nove trascorse edizioni di SPS di Parma, la kermesse annuale organizzata da Messe Frankfurt Italia, legata all’omonima ‘madre’ tedesca da poco conclusasi a Norimberga, che in questo 2020 arriva alla decima edizione italiana.
Così succede che ai ‘Dieci dialoghi tra uomo e tecnologia’, tema conduttore della conferenza stampa di lancio di SPS Italia 2020 da poco tenutasi a Milano, a festeggiare le dieci edizioni, siedano allo stesso tavolo con Fabrizio Scovenna e Marco Vecchio di Anie Automazione, Marco Taisch e Leopoldo Angrisani, in rappresentanza di due Competence Center, MADE e MedITech rispettivamente, nominati dal Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) per il Piano Industria 4.0, poi Impresa 4.0, del Governo, ed Enrico Lironi di Fondazione Cariplo, anche un esperto di effetti speciali come Pasquale Croce, un direttore d’orchestra come Daniele Agiman, Eugenio Alessandria presente non tanto per il suo ruolo in Ferrero e nel Comitato Scientifico di SPS Italia, quanto perché appassionato di filosofia, e tre donne attive in campo medico e farmaceutico: Elena De Momi della Medical Robotics Section del Politecnico di Milano, Monica Carfagni del T3Ddy dell’Università degli Studi di Firenze, e Teresa Minero di ISPE Italy.
Con le loro considerazioni ci hanno dato modo di riflettere, fra l’altro, su come il ‘4.0’ abbia finito per inserirsi in ambiti che fino a poco tempo fa quasi nulla si pensava potessero avere a che fare con la tecnologia, come la musica, lo spettacolo, la medicina. Ambiti dove è sempre stato l’uomo l’assoluto protagonista, vuoi per questione di sensibilità, di creatività o di immaginazione, i famosi ‘confini’ oltre i quali la ‘macchina’ non può arrivare. E allora un dubbio sorge spontaneo: davvero il 4.0 finirà per ‘rubare’ all’uomo anche questi spazi, in cui si è sempre sentito indiscusso protagonista?
Daniele Agiman: Se pensiamo all’uomo primitivo e alla sua parabola evolutiva, possiamo dire che gli strumenti musicali sono stati, in certo qual modo, i primi oggetti tecnologici di cui l’uomo si è servito per amplificare qualità che gli erano proprie, producendo suoni che accompagnassero la voce e creassero il canto. Così possiamo dire che il canto sia nato dalla sinergia fra una qualità umana, la voce, e un oggetto, lo strumento musicale. Una sinergia e un contatto che modificano non solo gli strumenti, in quanto l’uomo nel tempo li ha via via modificati adattandoli sempre meglio alle sue esigenze compositive, ma anche l’uomo stesso in quanto loro utilizzatore. Sì perché la pratica assidua di uno strumento modifica, anche fisicamente, il musicista. Allo stesso modo oggi la tecnologia viene plasmata continuamente dall’uomo per aiutarlo a migliorare aspetti diversi della vita, ma al contempo plasma l’uomo, nelle abitudini come nelle attitudini e nel modo di pensare, in uno scambio continuo i cui esiti dipendono dalla capacità dell’uomo, a monte, di progettare un futuro condiviso e condivisibile.
Eugenio Alessandria: Oggi raccogliere dati non basta più, è un qualcosa di assodato: la sfida vera è nella connessione, nella capacità di ‘far parlare’ fra loro le variabili, gestire i dati raccolti e, nelle ‘diversità’ rispetto al consueto, trovare la chiave per migliorare e ottimizzare processi e prodotti. E qui ci viene oggi in soccorso anche l’intelligenza artificiale, collaborativa, con i suoi algoritmi, grazie ai quali dare valore alle informazioni. Ciò che è fondamentale, dunque, è saper progettare i sistemi a partire dalle informazioni a disposizione e in funzione degli obiettivi: ecco perché ancora oggi è il pensiero a contare davvero, a fare la differenza, a dare sostanza e significato alla materia ‘grezza’ e trasformarla di valore. E il pensiero è la prima forma di espressione dell’uomo…
Monica Carfagni: L’impiego della tecnologia additiva ha rivoluzionato l’ambito medico, per esempio quello legato alla produzione di protesi. Queste soluzioni ci permettono infatti non solo di abbreviare i tempi di realizzazione delle protesi stesse, bensì anche di adattarle al meglio alle caratteristiche specifiche del singolo soggetto che le deve utilizzare, migliorando il comfort del paziente ed evitando che egli debba sottoporre a più ‘prove’. È un ambito che la medicina sta via via sempre meglio esplorando e che senz’altro sempre più aprirà nuovi orizzonti applicativi, sempre in un’ottica di centralità del paziente e di servizio alla persona.
Elena De Momi: Diversi studi concordano sul fatto che un’operazione chirurgica compiuta da un robot abbia maggiore possibilità di successo rispetto a una tradizionale, condotta da un chirurgo, sia per la maggiore precisione dell’assistente robotico, che può agire su un’area d’intervento più ristretta e con minore invasività, sia per l’eliminazione del fattore legato all’errore umano. Ugualmente, a livello di diagnostica, una volta perfezionato il campione di studio e utilizzando al meglio i database a disposizione, i risultati di un confronto tramite mezzi automatici, robotici, sono più attendibili di quelli rilevati dall’occhio umano. Questo non significa demandare in toto alla tecnologia o a un robot una diagnosi o un’operazione, bensì utilizzare la tecnologia come ausilio e come supporto, con l’imprescindibile e sempre attenta supervisione del chirurgo. Benché infatti, per esempio in ambito chirurgico, i sistemi robotici impiegati siano provvisti di tutti i necessari sistemi di sicurezza, d’altra parte un imprevisto è sempre possibile e il chirurgo deve poter intervenire e risolvere il problema. Da qui due punti sui quali porre attenzione, da un lato evitare che il medico sia troppo fiducioso nel mezzo tecnologico e si ‘distragga’ senza valutare l’esito finale, dall’altro che, affidandosi sempre alla tecnologia, il medico perda le sue capacità di intervento. Ecco perché in ambito medico non si deve parlare di sostituzione dell’uomo, bensì di collaborazione e supporto degli strumenti tecnologici, laddove la supervisione umana sarà sempre necessaria.
Enrico Lironi: Fondazione Cariplo da sempre si occupa di formazione in un’ottica di inclusione dei giovani e loro inserimento nel mondo del lavoro. Collaboriamo con diverse aziende che mettono la loro tecnologia a disposizione di varie realtà scolastiche – finora sono 76 gli istituti coinvolti ma stiamo lavorando per ampliarli – per la formazione le nuove leve che sono le vere future risorse dell’industria. Giovani al centro dunque, dell’industria e della tecnologia.
Donald Wich, AD Messe Frankfurt Italia: Se l’uomo nasce come essere ‘di’ relazione e ‘in’ relazione e ha usato da sempre la comunicazione quale mezzo per entrare in contatto con l’altro, l’Internet of Things ha amplificato questa potenzialità, permettendo la relazione anche con e fra le cose. E se la fiera rimane il luogo per eccellenza dove le relazioni di sviluppano, la tecnologia oggi fa da collante aprendo nuovi orizzonti di connessione. In SPS Italia fiera e tecnologia si integrano e crescono sinergicamente, in quanto nuove soluzioni tecnologiche nascono dalle collaborazioni che in fiera hanno il loro avvio.
Qui le nostre video interviste a:
Teresa Minero, Chair ISPE(International Society for Pharmaceutical Engineering) Italy
e CEO di LifeBee
Fabrizio Scovenna, Presidente di Anie Automazione
Francesca Selva, Vice President Marketing and Events di Messe Frankfurt Italia
Marco Taisch, Presidente di MADE Competence Center e docente del Politecnico di Milano