Pubblicato il Rapporto Digital Italy 2018

Pubblicato il 13 dicembre 2018

Nel corso della giornata di apertura di Digital Italy Summit 2018, che si è svolto a Bologna a fine novembre, Roberto Masiero, Presidente di The Innovation Group (TIG), ha presentato il Rapporto annuale Digital Italy 2018: Costruire una Nazione Digitale, edito da Maggioli Editore, realizzato per studiare le possibili direttrici dell’innovazione per il Paese, valorizzando l’importanza del digitale in questo processo.

Dal rapporto emerge che l’anno che sta concludendosi ha registrato una specie di “tempesta perfetta”: le profonde trasformazioni economiche e sociali indotte dal digitale si sono inserite infatti in un quadro dominato a livello internazionale da una flessione della crescita particolarmente sensibile nel nostro Paese, che ha vissuto in parallelo una radicale discontinuità di Governo. È possibile definire il 2018 come “l’anno del grande reset”. Diversi fattori di discontinuità convergono infatti a determinare cambiamenti profondi, talora drammatici, che si concentrano in questo ristretto lasso temporale: fattori tecnologici, economici e politici: innanzitutto l’economia dei dati, delle piattaforme e l’Intelligenza Artificiale vengono ad assumere rapidamente un ruolo chiave nella trasformazione dei modelli di business delle imprese e nella nascita di nuovi Ecosistemi; molti episodi, in primis il caso Cambridge Analytic, hanno tuttavia mostrato in tutta la sua evidenza la precarietà di questo nuovo mondo finora privo di regole chiare e condivise. Il GDPR ha cominciato a mettere ordine in questa specie di Far West dei dati e a proporsi come la baseline della regolamentazione a difesa della privacy non solo in Europa ma sui mercati internazionali, imponendo però un salto qualitativo nei sistemi di controllo della Imprese e delle Pubbliche Amministrazioni.

Da notare, inoltre, la frammentazione nel mondo delle imprese e discontinuità nel mercato del lavoro: gli ultimi dati Istat evidenziano da una parte il recupero dei livelli di occupazione – salvo una battuta d’arresto nell’ultimo trimestre – ma dall’altra una profonda trasformazione del lavoro, in cui si diffondono sempre più forme di lavoro flessibile e/o precario, mentre il digitale tende a dissolvere la distinzione fra molte forme di lavoro manuale e di lavoro intellettuale.

Nel mondo della Pubblica Amministrazione si evidenzia un gap crescente fra le eccellenze digitali di alcuni territori e il “ventre molle” che caratterizza ancora la grande maggioranza delle situazioni, aggravata dal mancato ricambio del personale e dall’assenza delle necessarie competenze digitali.

Nel nostro Paese, infine, il risultato elettorale dello scorso marzo segna un completo stravolgimento dei vecchi equilibri politici e, dopo una lunga incertezza, l’affermazione di una coalizione di governo completamente nuova, con nuove priorità, nuove politiche e nuovi progetti, destinati ad avere una profonda influenza sul mercato e sull’industria del digitale.

“Il Rapporto si è proposto di cogliere questa tensione fra presente e futuro prossimo attraverso la combinazione dei risultati delle nostre ricerche e le testimonianze di molti protagonisti. Ne risulta un quadro articolato, uno spaccato del difficile processo di transizione del nostro Paese che richiede scelte chiare per una forte accelerazione del processo complessivo di innovazione digitale. Si tratta senz’altro di una grande sfida, dal cui successo dipendono gli equilibri finanziari del nostro Paese, la competitività delle nostre imprese e la sostenibilità delle nostre politiche sociali”, ha commentato Roberto Masiero, Presidente di The Innovation Group. “In che modo dunque il Digitale può contribuire al successo della “Grande Sfida” e a quali condizioni questa può a sua volta favorirne lo sviluppo? L’impatto sarà tanto più positivo quanto più la componente degli investimenti in infrastrutture sarà elevata nel complesso della manovra, e quanto più saranno rafforzate le politiche industriali – e in quest’area è importante non solo il mantenimento delle misure previste da Industria 4.0, ma anche l’estensione all’area dei servizi e della formazione, che dalle ultime informazioni pare tuttavia non essere prevista dalla manovra. Alcuni interventi concreti sono previsti all’interno del Disegno di Legge di Bilancio come un fondo ad hoc per le tecnologie di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021”.

Nel corso del Summit sono stati inoltre presentati i risultati della survey “IT, digitale e innovazione” realizzata da TIG per comprendere lo stato e le tendenze dell’ICT e del digitale intervistando i manager di 113 aziende attive sul territorio italiano. Come ogni anno TIG si propone di monitorare l’avanzamento nell’adozione delle principali tecnologie digitali, Cloud, Big Data e Analytics, Blockchain, Machine Learning, IA e tecnologie innovative per lo sviluppo software.

Il campione è composto principalmente da grandi aziende (imprese con più di 250 dipendenti), che coprono il 68% del campione, il restante 32% appartiene ad aziende di piccole (8%) e medie (24%) dimensioni. Per quanto riguarda i settori di appartenenza, le percentuali più rilevanti appartengono al settore dei servizi (36%) e dell’industria (20%); il 18% appartiene invece al settore pubblico (amministrazioni centrali, locali e sanità), il 12% al settore finanziario (banche e assicurazioni) e l’8% alla distribuzione. Il profilo e il ruolo dei rispondenti che hanno preso parte alla survey è per il 78% relativo all’area ICT, in particolare il 21% sono CIO, il 34% IT Manager, mentre il 17% ricopre invece ruoli operativi. Il restante 22% dei appartiene a funzioni di digital & innovation, security e compliance, processi produttivi e in alcuni casi anche al top management.

Obiettivo della survey è analizzare i principali trend coinvolti nei processi di trasformazione digitale delle imprese, lo stato di diffusione e l’effettiva rilevanza dei temi spesso collegati al più generale concetto di Digital Transformation. In particolare, testando e approfondendo tre delle tematiche più spesso associate al tema della trasformazione digitale: Data Innovation, ossia l’utilizzo di tecnologie e strumenti avanzati di gestione e analisi dei dati per abilitare la migliore comprensione delle informazioni e la creazione di nuovi prodotti e servizi data-driven; Software Innovation, ossia l’adozione di nuovi strumenti e metodologie con l’obiettivo di adeguare l’attività di sviluppo alle nuove esigenze dell’IT, delle LoB e dei clienti nella fruizione di applicazioni; e Cloud Computing e infrastruttura, ossia l’evoluzione delle architetture e delle applicazioni IT verso modelli più flessibili e dinamici, in grado di valorizzare al meglio il potenziale del digitale in azienda.

Di seguito alcune delle principali risultanze emerse. La funzione IT in azienda è sollecitata dal business soprattutto rispetto allo sviluppo di nuove applicazioni e funzionalità (67%), così come all’aggiornamento di sistemi e applicazioni (53%). Le attività di raccolta e analisi dei dati non vengono comunemente sollecitate/attribuite dal business alla funzione IT: solo il 26% dei responsabili IT infatti, dichiara di essere coinvolto in attività di supporto nella reperibilità, raccolta e analisi dei dati interni e esterni all’azienda; questo può essere dovuto da un lato alla diffusione ancora contenuta di queste attività e in alcuni casi alla presenza, soprattutto nelle grandi aziende, di funzioni e figure specifiche dedicate. • Sembra quindi si stia delineando una dicotomia tra la richiesta del business in direzione dello sviluppo di applicazioni “data intensive” e l’orientamento più tradizionale delle strutture interne di IT, focalizzate soprattutto su iniziative nell’ambito del consolidamento dell’infrastruttura ICT (70%) e della razionalizzazione e ammodernamento del parco applicativo (65%).

La funzione IT continua dunque ad avere in azienda un ruolo orientato al miglioramento dell’installato, attraverso lo sviluppo di nuove funzionalità e all’aggiornamento di sistemi e applicazioni; gli investimenti nell’area dati tendono quindi a svilupparsi attraverso altre strade, spesso collegate direttamente alle funzioni di business.
La funzione IT continua inoltre ad accentrare la maggioranza della spesa ICT “nota” dell’azienda: il 64% delle aziende dichiara che meno del 10% della spesa IT è effettuata senza il coinvolgimento della funzione IT; sembra sfuggire tuttavia alla percezione la reale dimensione del fenomeno della Shadow IT. L’attività di gestione e analisi dati da parte dell’IT ha ancora prevalentemente un taglio “tradizionale”, orientata soprattutto all’analisi interna dei “core data” (dati strutturati provenienti soprattutto dall’ambito finanziario e commerciale), con strumenti quali le piattaforme di Business Intelligence (55%) e con strumenti avanzati di Business Analytics (13%) • Si prevede d’altra parte che l’uso di strumenti più avanzati aumenterà nei prossimi anni, anche a fronte del fatto che il 36% delle aziende dichiarano di considerare in prospettiva i Big Data e gli Analytics come aree di maggiore investimento per il futuro.

Forte rimane la preoccupazione nell’area della Cybersecurity, che risulta una delle aree di maggiore investimento per il 35% delle imprese.
Il 27% di rispondenti hanno dichiarato di stare investendo in servizi di cloud computing, contro il 28% che afferma di stare investendo nell’ambito delle infrastrutture ICT in-house. Questo risultato, d’altra parte, può essere legato alla dimensione delle aziende intervistate e alla maggiore attenzione – in una logica cloud – ad investimenti ibridi, tra infrastruttura in-house e cloud.

Emerge dall’analisi una generale tendenza all’esternalizzazione dell’attività di software development, con il 61% della spesa rivolta all’esterno. La parte più rilevante della spesa interna (40%) è dedicata al parco software esistente, mentre il 26% allo sviluppo di nuove applicazioni.
Al contrario, per quanto riguarda la spesa esterna, in questo caso «solo» il 30% è dedicato allo sviluppo del parco software esistente, mentre maggiore attenzione è rivolta allo sviluppo di nuove applicazioni. In questo contesto emerge dunque come le imprese intervistate stiano spendendo – sia internamente sia esternamente – soprattutto per il mantenimento e lo sviluppo dell’esistente, a discapito dello sviluppo di nuove applicazioni.

Quanto all’utilizzo di nuove metodologie e tecnologie per lo sviluppo software, il 45% dei rispondenti afferma di avere adottato (o prevede di adottare) la metodologia agile all’interno del proprio team, il 42% dichiara di utilizzare librerie software e API nella propria attività di sviluppo, il 28% dichiara di fare ricorso all’Open Source e il 22% al Devops.

Rispetto al tema delle competenze e delle figure professionali necessarie nel medio lungo periodo nell’ambito del digitale e dell’informatica, dall’analisi emerge come le aziende del campione prevedono di avere bisogno nei prossimi anni soprattutto di figure nell’ambito della cybersecurity (46%), della data science (39%), dell’IoT (15%). Solo l’11% ritiene che non vi sarà bisogno di nuove figure.

Nel complesso dell’analisi appare una fotografia dell’approccio e degli strumenti «tradizionali» utilizzati dalle funzioni IT; in alcuni ambiti cresce l’attenzione verso nuovi modelli di gestione e accesso alle risorse informatiche, ma queste restano relegate ancora ad ambiti non core.



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