Osservatorio MECSPE: le PMI della meccanica e subfornitura promuovono il Piano Industria 4.0

Pubblicato il 9 ottobre 2017

Tempo di bilanci per le Pmi del manifatturiero italiano, a quasi un anno di distanza dalla presentazione del Piano Nazionale Industria 4.0 del Ministro Calenda. Secondo la fotografia dell’Osservatorio MECSPE, la fiera che si terrà a Parma dal 22 al 24 marzo 2018, presentato a Modena da Senaf in occasione della quarta tappa dei “Laboratori MECSPE fabbrica digitale, la via italiana per l’industria 4.0”, il 66% degli imprenditori giudica positivamente o discretamente gli effetti sul settore, seppur esprimendo la necessità di un piano pluriennale e di una minore attenzione rivolta alle grandi imprese.

In particolare, tra le iniziative previste si attribuisce grande rilevanza all’iper-ammortamento per i macchinari funzionali alla digitalizzazione (69,7%), al credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo (57,4%), al miglioramento delle infrastrutture digitali abilitanti (54,6%) e alla de-fiscalizzazione dei premi di produzione (51,1%).

Al di là degli incentivi governativi è chiara la propensione agli investimenti da parte delle imprese: quasi la metà (46,1%) dichiara che continuerebbe a destinare parte del fatturato in innovazione anche in assenza di agevolazioni, segno che la trasformazione in corso è ormai matura e culturale. C’è comunque un 22,7% che continuerebbe a farlo riducendo però gli investimenti, mentre solo il 3,9% smetterebbe totalmente.

Si respira dunque una consapevolezza positiva, anche tirando le somme sul proprio percorso verso l’innovazione e la valutazione della propria posizione aziendale in rapporto al processo di Industria 4.0: quasi la metà degli intervistati (43,7%) si sente in linea con le competenze richieste, mentre il 19% ritiene di stare precedendo le azioni dei competitor. Percezione che si estende anche ai benefici che la tecnologia sta apportando al personale: secondo il 67,6% degli imprenditori, questa è in grado di migliorare la qualità del lavoro, mentre il 49,3% è convinto che i dipendenti la vedano come un’opportunità anziché una minaccia.

Dal punto di vista della preparazione complessiva che la quarta rivoluzione industriale richiede al personale nell’analisi e gestione dei dati, il livello di competenze è giudicato alto dal 19,3% degli intervistati e medio da quasi 7 imprenditori su 10. Per migliorare la formazione il 62,8% delle aziende adotta o ha intenzione di adottare delle attività dedicate alle competenze digitali, rivolgendosi a professionisti e consulenti esterni (12,8%) o adottando metodi tradizionali come letture, confronti e dibattiti, corsi (18,9%). Solo il 9,5% si affida a metodi che prevedono il supporto di strumenti tecnologici.

Le PMI della meccanica e della subfornitura, che a oggi hanno introdotto nuove tecnologie abilitanti, hanno privilegiato soluzioni per la sicurezza informatica (59,5%) e la connettività (53,4%) – settori in cui si registra anche il livello di conoscenza maggiore da parte delle aziende – la simulazione (28,2%), la produzione additiva (26,7%), il cloud computing (24,4%) e l’Internet of Things (22,1%), che saranno oggetto di ulteriori investimenti da qui al 2018.

Entro la fine del prossimo anno, dunque, l’Internet of Things sarà presente nel 22,1% delle aziende, la sicurezza informatica e il cloud computing nel 20,6%, la realtà aumentata nel 15,3%. Tra gli obiettivi, però, saranno i big data a godere degli investimenti maggiori, arrivando a essere così presenti in oltre un quinto delle imprese italiane (22,9%).

La digitalizzazione generale raggiunta in azienda è alta, soprattutto quando si parla di progettazione e sviluppo del prodotto (61,2%) e della relazione con il cliente e dei canali di vendita (60,4%), così come le aspettative per i prossimi tre anni. Tra gli effetti maggiormente attesi, il 63,2% prevede fino al 15% di aumento dei ricavi, mentre il 71,2% prospetta lo stesso risultato per quanto riguarda la riduzione dei costi.

Ma qual è la figura driver preposta a stimolare/guidare il processo di innovazione digitale in azienda? Il 37,2% indica l’imprenditore. A seguire, il Direttore/Responsabile IT (14,9%), il Direttore tecnico (8,1%) e il Direttore Ricerca & Sviluppo (6,1%).

Al momento, i principali fattori di rallentamento della digitalizzazione sono rappresentati da un rapporto incerto tra investimenti e benefici (per il 46,2% delle aziende), dall’arretratezza delle imprese con cui si collabora (43,1%), dalla mancanza di competenze interne (29,2%) dall’assenza di un’infrastruttura tecnologica di base adeguata, nonché dagli investimenti richiesti troppo alti (26,2%), dalla mancanza di una chiara visione del top management (24,6%) e da troppi dubbi sulla sicurezza dei dati e possibilità di cyber attack (17,7%).

Per quanto riguarda gli investimenti nei prossimi anni, ben l’86,2% delle aziende è disposto a investire una quota del proprio fatturato per trasformare l’impresa in una Fabbrica Intelligente, con quasi 3 su 10 orientate a superare la quota del 10%. Solo il 13,8% non intende effettuare investimenti.

L’andamento economico delle pmi del comparto della meccanica e subfornitura nel primo semestre 2017, risulta complessivamente soddisfacente per le imprese del comparto della meccanica e della subfornitura, con il 61,8% degli imprenditori che parla di performance aziendale molto positiva, il 32,7% che si dice mediamente appagato e solo il 5,5% contrariato.

Soddisfazione che si può in parte spiegare guardando, in prima battuta, all’andamento generale nel I semestre 2017 e alle previsioni per l’anno in corso. Nella prima metà del 2017 rispetto al 2016, infatti, i fatturati hanno registrato una crescita per il 48,8% delle aziende, mentre il 40% dichiara stabilità e il 11,2% un calo. Un aumento significativo anche dal punto di vista del confronto con il 2016, con ben 9,7 punti percentuali in più.

Il portfolio ordini è giudicato “adeguato” ai propri livelli di sostenibilità finanziaria dal 77,6% delle imprese, contro un 22,4% per cui è insufficiente. Per quanto riguarda le previsioni per la restante parte dell’anno in corso, sul fronte dei fatturati il 57,9% si aspetta una crescita, il 31,8% stabilità e il 10,3% prospetta un calo.

L’export resta fattore di traino per le Pmi italiane con quasi 8 su 10 (78%) che dichiarano di esportare i propri prodotti e servizi, con un’incidenza variabile. Il 33% dichiara di realizzare all’estero meno del 10% del proprio fatturato, l’11,6% “dall’ 11% al 25%”, il 15,8% “dal 26% al 45%”, l’11,6% “dal 46% al 70%” e il 6% “oltre il 70%”.

Chi esporta punta prevalentemente verso gli Stati dell’Europa Centro-Occidentale (84,1%), seguiti da quelli dell’Europa dell’Est (37,6%) e del Nord America (30,6%). Circa il 23,6% esporta in Asia, mentre il Medio Oriente per il 17,2%, la Russia per il 15,9%, il Sud America per il 14,6%, l’Africa Settentrionale per il 10,2%, l’Oceania per il 6,4% e l’Africa Meridionale per il 3,8% rappresentano gli altri mercati di sbocco.

Non ci sono dubbi sul futuro del mercato in cui si trovano a operare le singole aziende: nei prossimi 3 anni, solo il 6,6% si aspetta una contrazione dello scenario in cui opera contro un 59,1% apertamente convinto dello sviluppo del proprio mercato di riferimento e un 34,3% che crede non ci saranno grosse variazioni rispetto all’andamento attuale.

(Nella foto Maruska Sabato, Project Manager di MECSPE)



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