AO_422

MARZO 2020 AUTOMAZIONE OGGI 420 15 AO IL PUNTO GGI 2020 A T ZI E O I 422 no degli argomenti più dibattuti ai con- vegni su Industria 4.0, bruscamente interrotti a causa del Covid-19, ma desti- nati a tornare prepotentemente in auge non appena l’emergenza sarà terminata, ha riguardato l’impatto del ‘gemello digi- tale’ sull’occupazione. Fra i molti scenari potenziali, alcuni, i più catastrofici, sti- mavano che la perdita dei posti di lavoro dovuta all’automazione delle produzioni sarà pesante e non sarà affatto compen- sata dall’emergere di ‘nuovi lavori’. Altri invece, più ottimistici, prevedevano che i nuovi lavori non solo compenseranno la perdita dei ‘vecchi’, ma che il saldo sarà segnatamente positivo. Secondo uno studio condotto da ‘Oxford Economix’ nel 2019, nel mondo entro il 2030 potrebbero andare persi 20 milioni di posti di lavoro a seguito dell’impiego dei robot. A ogni unità robotica corri- sponderebbe la perdita di 1,6 posti di lavoro. A farne le spese sarebbero i lavo- ratori a più basso reddito, che si vedreb- bero sottratti 2,2 posti di lavoro per ogni robot introdotto nel processo lavorativo, mentre i lavoratori con più alto reddito sarebbero penalizzati nella misura di 1,3. Questi dati aprirebbero questioni sociali, economiche e professionali sulle quali varrebbe la pena soffermarsi. D’altra parte, sempre nel 2019 il ‘World Economic Forum’ stimava che entro la metà del prossimo decennio nel mondo il trend tecnologico avrebbe prodotto 133 milioni di nuovi posti di lavoro a fronte di 75 milioni distrutti. Quasi il doppio. I due scenari sembrerebbero inconciliabili. In ogni caso, il prossimo futuro (a breve o medio termine) pone almeno due questioni ‘sul piatto’: la ridefinizione dei profili professionali e, soprattutto in Italia, l’invecchiamento della popolazione. Circa i nuovi profili professionali si è molto dibattuto e tuttora si dibatte, a volte in modo serio e approfondito, altre con accenti sensazionalistici. Da questi dibattiti converrebbe, ragionevolmente, estrarre almeno due parole chiave: governo e formazione. Vi è assolutamente bisogno di governare la transizione, definita da alcuni epocale, per evitare che l’espulsione dai processi produttivi delle figure professionali meno confidenti con la tecnologia, non necessariamente in età avanzata, si trasformi in un problema economico-sociale. È molto probabile che parte di queste figure debbano essere ricollocate più di una volta nel corso della loro residua attività lavorativa. È probabile, per esempio, che tenderanno a trovare impiego in ambiti quali i trasporti, le costruzioni, la logistica e similari, settori le cui attività verranno verosimilmente automatizzate nel prossimo futuro, così il problema finirà per riproporsi. Solo se vi sarà a monte la conoscenza e il governo di questi trend si potranno produrre le azioni necessarie per ottimizzare il percorso e contenere i costi sociali. Sulla formazione delle nuove figure professionali e sul re-skilling di quelle esistenti le analisi e le proposte si sprecano, provenienti in gran parte dal mondo universitario. Si stima che il 65% dei giovani attualmente in età scolare e universitaria faranno lavori che oggi non esistono. Non solo sarà necessario avere grande dimestichezza con il mondo digitale, ma si dovranno anche affiancare, controllare, dirigere macchine dotate di una propria intelligenza e di una propria autonomia operativa. Con que- ste macchine si dovrà costantemente interagire. La cooperazione fra esseri umani e robot, nonché l’automazione dei processi costituiranno il contesto, ancora non defi- nito, nel quale i ‘nuovi lavoratori’ si troveranno a operare. La formazione di base non basterà; sarà necessario affiancarla con corsi di aggiornamento continuo, sia interni sia esterni alle aziende, così come propongono sindacati, università e associazioni imprenditoriali. È stimolante la prospettiva di essere studenti a vita. Non è finita: queste profonde trasformazioni del mondo produttivo e del lavoro si inne- steranno in una società che invecchia inesorabilmente. Secondo Eurostat, al 1° gennaio 2018 la popolazione dell’UE-28 era di 512,4 milioni di persone delle quali il 64,7% in età lavorativa e il 19,7 over-65 (in Italia rispettivamente: 64% e 22,6%). Si stima che nel 2040 le persone in età lavorativa dell’UE-28 saranno il 58,8%, mentre gli over-65 saranno il 26,9%. Negli anni successivi le persone in età lavorativa continueranno a diminuire e gli over-65 ad aumentare. Sarà quindi inevitabile una ridefinizione del welfare, per redistribuire la maggiore ricchezza prodotta dai processi di automazione a favore della fascia di popo- lazione più debole. Non sarà un’operazione né semplice né esente da conflitti sociali, tuttavia costituirà l’indice di accettabilità delle trasformazioni nell’era post-moderna. U Lavoro: il ‘nuovo’ avanza… Evaldo Bartaloni Comitato Tecnico Automazione Oggi e Fieldbus&Networks

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